A Treviso con la faccia dipinta di nero

Tanti gli episodi e i precedenti, come quando Zoro voleva lasciare il campo
L'ingresso in campo dei giocatori del Treviso (terzo da sinistra il nigeriano Omolade) con il volto dipinto di nero, prima dell'inizio della partita contro il Genoa del 03 giugno 2001. L'inedita iniziativa era stata decisa per solidarietà verso Omolade e per protesta contro quei tifosi trevigiani che a Terni abbandonarono lo stadio all'ingresso in campo del giocatore nigeriano. Nella gara contro il Genoa, terminata con un pareggio, Omolade segno' un goal nel secondo tempo. ANSA/STRINGER
L'ingresso in campo dei giocatori del Treviso (terzo da sinistra il nigeriano Omolade) con il volto dipinto di nero, prima dell'inizio della partita contro il Genoa del 03 giugno 2001. L'inedita iniziativa era stata decisa per solidarietà verso Omolade e per protesta contro quei tifosi trevigiani che a Terni abbandonarono lo stadio all'ingresso in campo del giocatore nigeriano. Nella gara contro il Genoa, terminata con un pareggio, Omolade segno' un goal nel secondo tempo. ANSA/STRINGER

MILANO. Razzismo negli stadi, c'è chi dice basta. Non è solo storia italiana: in Premier League il derby Tottenham-West Ham è stato caratterizzato da cori pro Hitler, lo Zenit di Spalletti ha dovuto affrontare il divieto dei suoi ultras ad ingaggiare giocatori di colore e omosessuali.

Spesso sono i calciatori stessi a ribellarsi. Quando il Messina militava in serie A, schierava un difensore ivoriano, Marc Andrè Zoro, che per il colore della propria pelle spesso finiva nel mirino delle curve. Il 28 agosto 2005, allo stadio Olimpico di Roma, furono intonati cori razzisti contro di lui da parte dei tifosi della Lazio, tanto che il presidente Lotito poi si recò negli spogliatoi per scusarsi a nome del club. Il successivo 27 novembre Zoro finì nel mirino dei tifosi dell'Inter presenti allo stadio San Filippo, a Messina, e lasciò il campo, rifiutandosi di proseguire a giocare. Venne convinto dall'allora attaccante brasiliano dei nerazzurri, Adriano, e dai compagni. Era invece il 2001 quando gli undici giocatori del Treviso scesero in campo con le facce dipinte di nero: la settimana prima, a Terni, i loro tifosi avevano sommerso di fischi e “buu” il nigeriano Omolade, 18 anni, giocatore della loro squadra. Così, a distanza di 4 anni, gli stessi calciatori veneti in campo mostrarono in campo uno striscione di solidarietà a Zoro, quando il Messina andò a giocare a Treviso. Nel novembre 2010 ultras della Nazionale esposero a Klagenfurt, durante un'amichevole dell'Italia, uno striscione contro Balotelli: «No all'Italia multirazziale». «Avrei voluto scendere in campo e abbracciare Balotelli» disse il Ct Prandelli, promettendo che se la situazione si fosse ripetuta avrebbe ritirato la squadra. Promessa mai messa alla prova dei fatti. Una reazione forte è stata anche quella della Lazio: «No al razzismo» la scritta sulla maglia, al posto dello sponsor, per reagire a quella parte di curva Nord che aveva intonato cori antisemiti contro il Tottenham.

Perché, se i calciatori dicono basta, forse non è sufficiente, ma di sicuro è un primo passo. Certo, resta un dubbio: e se la gara da sospendere fosse di Champions League?

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