Accademia per piloti firmata da Nico Rosberg e Dino Chiesa

Nico Rosberg e Dino Chiesa: uno ha vinto il campionato del mondo di Formula 1 nel 2016 e per due volte è arrivato secondo; l’altro produce e commercializza go kart in tutto il mondo. Cosa hanno in comune oltre alla passione per le monoposto e l’attitudine a vincere? Un’academy condivisa a Padova. Anzi, a Due Carrare, dove dal 1999 ha sede l’azienda che da Dino prende il nome. Cinquantuno anni, Dino è tecnico e talent scout e costruisce go kart da competizione da circa trent’anni.
In passato è stato meccanico per Alessandro Zanardi: «Dopo l’incidente abbiamo dato il suo nome a un telaio. Il veicolo pubblicitario della mia azienda è la partecipazione alle gare», spiega, «pertanto abbiamo un team che gareggia: se vinci, vendi. Inoltre è gareggiando che conosci i giovani che vogliono pilotare. Insegniamo loro come si fa questo lavoro. Anche Nico è stato uno dei miei piloti e quando ha smesso di correre in F1 ha fondato un team con il suo nome, per portare i ragazzi dal kart alla massima serie automobilistica».
Due i nomi attualmente considerati interessanti: «Nella nostra squadra corse, la KR, ci sono due piloti della Rosberg Young Driver Academy: l’inglese Taylor Barnard, 13 anni, e Lorenzo Trevisanutto, che ne ha 19 anni, per lui è tardi per passare in F1».
La KR segue attualmente diversi piloti: in media si parla di una ventina di giovani all’anno di età 14-17; nello stesso fine settimana corrono anche dieci di loro.
Chiesa racconta che i ragazzi che vorrebbero diventare piloti automobilistici, devono affrontare una serie di difficoltà tra cui «Il budget: anche se hai talento, se non hai chi ti sostiene, purtroppo non vai avanti», afferma, «in Italia sono molto pochi coloro che riescono ad andare avanti e capita, sì, che chi ha i soldi non ha il talento e viceversa. Il nostro obiettivo è questo: aiutare il talento vero a crescere, sia trasmettendogli esperienze, sia aiutandolo a trovare sponsor».
Secondo il manager, la situazione sta cambiando: «Stiamo tornando verso la valorizzazione delle capacità dei piloti, per fortuna. Tempo fa seguivo un giovane bravissimo, secondo me avrebbe potuto battere i migliori al mondo e invece si è dovuto fermare». Sullo scenario italiano non si sbilancia: «C’è un ragazzino che sta promettendo molto bene, ma è ancora presto per dirne il nome». Chiesa racconta che “Per arrivare in F1 bisogna fare tanti sacrifici, significa non avere quasi più un’adolescenza perché pilotare diventa subito una professione. Il vantaggio è che si vede subito la differenza tra chi ha l’approccio giusto: si nota nettamente la diversità di atteggiamento tra il giovane che non si stacca dal telefonino, da quello che lo guarda solo dopo una giornata di allenamenti; chi studia dopo il lavoro in pista, e chi si va a divertire. Fare il pilota è impegnativo: anche il campione si allena tanto e la disciplina è ferrea». —
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