Alice Carpanese dice basta «Me ne vado in Germania»

L’atleta olimpica chiude la carriera tra mille soddisfazione e qualche rimpianto «Mi sento sollevata, preferisco lasciare quando sono ancora competitiva»
Di Cristina Chinello
NATOLI ALLENAMENTO NUOTATRICI PALTANA carpanese NATOLI ALLENAMENTO NUOTATRICI PALTANA
NATOLI ALLENAMENTO NUOTATRICI PALTANA carpanese NATOLI ALLENAMENTO NUOTATRICI PALTANA

PADOVA. Arriva un momento, nella vita di ogni atleta, in cui gli stimoli non bastano più. È la testa, in questi momenti, a dire basta. Allora non resta che appendere metaforicamente al chiodo una fase della vita e ripartire da zero. Succede ad Alice Carpanese, 25 anni, nuotatrice olimpica padovana, la cui carriera agonistica terminerà a giorni. «A maggio ci sarà un trofeo a cui parteciperà tutta la Padovanuoto, ci andrò come allenatrice, ma farò anche una gara. Sarà l’ultima».

Alice, perché smettere adesso, prima del Sette Colli?

«Il Sette Colli sarà dopo la scadenza del mio contratto con l’Esercito. Ho deciso di non presentarmi al concorso per restare arruolata, ci sono migliaia di persone. Ma anche se mi fossi presentata e l’avessi vinto, avrei nuotato ancora uno, forse due anni».

Cosa farà dopo che smetterà di nuotare da agonista?

«Andrò in Germania da Alessandro, il mio fidanzato. Partirò verso metà giugno, fino a settembre/ottobre, poi vedremo cosa sarà accaduto nel frattempo. Vado via per rinnovare il mio cervello, è un reset mentale: voglio fare cose totalmente diverse da quelle che faccio ora, ripassare il tedesco, che è la lingua che ricordo di meno. Ho sempre avuto il desiderio di fare un’esperienza all’estero, penso che un periodo sabbatico mi possa far bene».

Quanto ha impiegato a prendere la decisione di lasciare?

«Molto poco, in realtà. Mi sono resa conto di essere molto stanca a livello mentale. Nella mia carriera di nuotatrice, ho raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissata, a 25 anni ho voglia di fare altro, cambiando totalmente indirizzo».

La sua vita ne sarà rivoluzionata, ci ha pensato?

«Sì. Mi sento sollevata dal fatto di non dovermi più sottoporre agli allenamenti, due al giorno più la palestra sono pensantissimi. Ultimamente non ne avevo proprio più. Moreno, il mio allenatore, mi ha detto che agli ultimi Assoluti ho dato tanto, anche troppo, e non sto solo sopravvivendo, come invece si penserebbe di un atleta a fine carriera. Beh, io non volevo che gli altri dicessero: Ah, ecco, smette perché non vince più niente, volevo smettere essendo competitiva e chiudendo in bellezza, anche senza obiettivi. Ci sono riuscita: abbiamo vinto due staffette e ho realizzato un ottimo tempo individuale».

Quand’è salita sul suo ultimo podio, ha pensato che non ne avrebbe avuti altri?

«Sì, ci ho pensato, agli Assoluti e alla Coppa Brema. Ma ero contenta, carica. Mi dispiacerà non fare più gare per le sensazioni uniche che danno: l’adrenalina, la cattiveria agonistica. Paradossalmente, dopo i Mondiali, non ho più avuto paura delle gare e ho iniziato a divertirmi. Pensavo solo ad andare e a fare bene. Alle Olimpiadi stavo male, mi sentivo sotto pressione, una pazza. Gli agonisti non si divertono. Ti rovini i giorni prima della gara con l’ansia e lo stress. Quanti pianti mi sono fatta. Ecco, quella pressione non mi mancherà».

La sua più grande vittoria?

«Sono tante. Forse ai Mondiali di Roma, ho fatto un supertempo anche se siamo arrivate quarte. Dopo i postumi psicologici del costumone rotto alle Olimpiadi che mi ha tenuta fuori dalla finale, avevo fame di riscatto. Ero cattivissima, penso che mi odiassero tutti, anche Moreno Daga, il mio allenatore, mi diceva che ero acida».

La sua più grande sconfitta?

«Non mi viene in mente. Ho sempre dato tutto quello che potevo. Non ho niente da rimproverarmi».

Lei e Federica Pellegrini, altri eventi dopo la polemica che vi ha visto scambiarvi pesanti accuse?

«Nessuno, ci ignoriamo. Non voglio avere niente a che fare con lei, non ci perdo il mio tempo. Ci sono state molti giornalisti, che spesso mi hanno provocata perché parlassi male di lei, ma non mi sono prestata al massacro».

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