Asiago, il piccolo paese ha imparato ad essere grande

ASIAGO. Asiago in paradiso, orgoglio di un paese che, da sempre, si riconosce nella sua squadra di hockey su ghiaccio, che ha riportato in Veneto il tricolore.
Per molti, il capoluogo dell’Altipiano dei Sette Comuni rimane la terra di Mario Rigoni Stern, del celebre formaggio, del turismo e del Sacrario militare, ma per chi la realtà asiaghese la vive tutti i giorni, il quinto scudetto è il frutto di una passione che dura da sempre. Un legame inscindibile con la gente del posto. Il tricolore sventola alto e la festa durerà ancora molti giorni.
La finale vinta 4-2 contro il Renon, dopo una gara-7 vissuta da oltre 3500 spettatori, è il punto di arrivo di un ciclo, iniziato tanti anni fa. Senza il Bolzano, squadra simbolo dell’hockey italiano, emigrata due anni fa nel torneo austriaco Ebel, Asiago consolida il ruolo di guida del movimento italico, grazie ai quattro scudetti nelle ultime sei stagioni. Dietro a questi trionfi si celano segreti e storie quasi irreali. Perchè la società vicentina, prima di diventare grande, ha ingoiato tanti bocconi amari.
L'esempio è chiaro. Stagione 1999/2000. L'Asiago di Pat Cortina domina, centra 40 vittorie consecutive (record assoluto), ma cede sul più bello, in finale contro il Bolzano. Il primo scudetto arriverà l'anno dopo, ma contro il Milano, negli anni seguenti, le finali avranno un sapore amarissimo. Asiago però impara la lezione. Da realtà incompiuta, i giallorossi diverranno una macchina, capace di sfornare le prestazioni migliori nel momento più bello ed importante della stagione: i playoff. Quest’anno il ciclo sembrava terminato. A settembre, con l'addio dello sponsor Migross, la società del presidente Mantovani rischiava addirittura di non proseguire l'attività, ma da quei momenti delicati, i vicentini hanno saputo tirare fuori il meglio di sé. Nei quarti, l'Appiano, matricola al primo anno di Serie A, porta i leoni giallorossi a gara-7 e da lì, forse, il capolavoro prende forma. Dietro al trionfo due storie meritano una menzione.
Quella di Michele Strazzabosco, 39 anni, terzino e bandiera della squadra, capace di tornare protagonista a stagione in corso, nonostante un trauma cranio-facciale commotivo lo avesse messo ko ad inizio stagione. Smetterà, dopo una carriera incredibile. Perchè la famiglia viene prima di tutto, perchè il lavoro nel supermercato di famiglia è importante e perchè di solo hockey, in Italia, ci campano in pochi.
Oppure quella di Sean Bentivoglio, l'attaccante più forte, volato lunedì in Canada, per assistere alla nascita della primogenita Scarlet Francesca e tornato giovedì in mattinata, giusto in tempo per alzare la Coppa. Storie da Asiago. Il piccolo paese invidiato dall'hockey italiano.
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