Calcio Padova per Gianni Di Marzio: «Proprietà seria, se saliamo in B si può puntare alla A»

L’ex allenatore ed ex direttore sportivo biancoscudato: «Fiducia in Pavanel, lo volli con me quando era giocatore»
Stefano Volpe
BARSOTTI PADOVA-CESENA ZACCHERONI E DI MARZIO BARSOTTI
BARSOTTI PADOVA-CESENA ZACCHERONI E DI MARZIO BARSOTTI

PADOVA. Pensi al Lecco, prossimo avversario biancoscudato, e ti viene in mente Gianni Di Marzio. Pensi a mister Pavanel e ti viene in mente Gianni Di Marzio. Pensi a qualche intreccio di mercato e ovviamente ti viene in mente Gianni Di Marzio.

E allora lui, il vecchio leone, come se la passa? Benone, a sentire dalla voce sempre squillante, che risuona dalla sua casa di Padova, dove aspetta per oggi la visita dei nipotini. Ma non pensate a un nonno in pensione. Seppur limitato dalla pandemia Di Marzio resta ancora una figura di primo piano nel calcio nazionale e non solo.

Da dove cominciamo?

«Da questo grande Padova», sorride l’ex allenatore. «Sono molto felice che la squadra sia partita bene. Quando riesco vedo le partite in tv, altrimenti ci pensa mio figlio Gianluca ad aggiornarmi. Io sono molto legato al Padova, sono un tifoso. Lui è proprio un ultras».

Cosa le è piaciuto di questo inizio di stagione?

«Il ds Sogliano e Gatti hanno costruito una squadra con i fiocchi. La difesa mi ha impressionato perché è molto strutturata fisicamente. Vogliono essere sempre padroni del gioco e si vede che sono consapevoli delle proprie possibilità. E poi c’è Ronaldo, che come qualità è sprecato in questa categoria. Le avversarie non mancano ma penso che se non succede un cataclisma sarà l’anno buono per salire».

Pavanel ha avuto un ottimo impatto con la piazza e la squadra. Se lo aspettava?

«Ho grande fiducia in lui, perché è un uomo con personalità e attributi. Vede bene il calcio e l’aveva già dimostrato a Trieste. Ho sempre seguito la sua carriera, anche perché fui io a portarlo a Padova da giocatore nel 1999. Una persona seria e un gran lavoratore. Ogni tanto ci sentiamo, gli ho mandato un messaggio di auguri quando è arrivato».

Oggi torna a Padova Oughourlian dopo quasi due anni. Lei che conosce il calcio internazionale, che opinione ha del patron franco armeno?

«Gli amici francesi me l’hanno descritto con il termine migliore che si possa dare a un proprietario: è serio. Non vuole fare il passo più lungo della gamba, sta molto attento al piano amministrativo ma una cosa mi sento di dirla. Se dovesse arrivare in Serie B, disegnerà un piano per la scalata alla Serie A».

Lo farebbe con il direttore sportivo Sogliano? Le voci di un suo passaggio al Genoa non si placano...

«Di vero c’è che i nuovi proprietari rossoblù lo conoscono e lo stimano. Sogliano poi ha il contratto in scadenza e ha meritato di valere una categoria superiore. Però al momento mi risulta che stia molto bene al Padova ».

Qual è il livello della Serie C in questo momento?

«Basso, molto basso. Guardo diverse partite e specialmente al sud è rimasto soltanto il blasone delle società. Di gioco se ne vede gran poco, tante squadre faticano a fare più di tre passaggi di fila. Va meglio nel girone A. Ho visto ad esempio la Pergolettese giocare molto bene a Padova, grazie alle idee moderne di un allenatore giovane che segue il solco dei vari De Zerbi e Italiano. A proposito, questi ultimi due, in voga adesso, sono due figliocci di Padova. Dobbiamo esserne orgogliosi».

E qui si torna al punto di partenza. Proprio De Zerbi era in rosa in quel Padova che perdendo lo spareggio con il Lecco retrocedette in C/2. Una delle annate più balorde. Che ricordo ha?

«Ero direttore sportivo, entrato a stagione in corso al fianco di un grande dirigente come Gardini. Ai playout fummo costretti alla sconfitta a tavolino col Varese per un errore incredibile dell’allenatore Fedele, che sostituì l’under che doveva restare in campo obbligatoriamente. Il mister non c’era con la testa e l'episodio costò caro. Fu una ferita profonda per i tifosi ma è acqua passata, ora c’è solo da avere fiducia per questa stagione».
 

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