«Il basket italiano non ci piace più»

Franco Marcelletti e Antonello Riva per un giorno docenti di pallacanestro
BARON - LE LEGGENDE DEL BASKET. FRANCO MARCELLETTI
BARON - LE LEGGENDE DEL BASKET. FRANCO MARCELLETTI

PADOVA. Il basket degli anni ’80 e ’90 era cosa loro. Stiamo parlando di Franco Marcelletti e Antonello Riva, che ieri hanno tenuto lezione agli studenti di Scienze Motorie dell’Università di Padova nel corso del convegno «Il basket di oggi tra passato e futuro», organizzato dalla sezione pallacanestro dell’Arcs Unipd. Due campioni, in panchina e in campo, che hanno vissuto l’epopea della palla a spicchi italiana e che hanno indossato per un giorno le vesti di professori massimi esperti della materia. La mente dei presenti non poteva che volare alla finale scudetto del 1991 tra gli scugnizzi della Juve Caserta di coach Marcelletti e i 24 gradi di nobiltà dell’Olimpia Milano di Nembo Kid Riva. Inevitabile e impietoso il confronto tra la pallacanestro degli anni ruggenti e la crisi attuale, che ha sì risvolti economici, ma non solo. «Nel ’96 la legge Bosman», ricorda Marcelletti, «ha stravolto l’intero sistema del basket: le società hanno perso la proprietà del cartellino e tutti gli atleti a 18 anni hanno avuto la possibilità di svincolarsi. Non si è più fatto il settore giovanile e oggi viviamo un periodo di crisi con una produzione di giocatori italiani ridotta. Fino agli anni ’90, la qualità del gioco era superiore perché i roster delle squadre erano sempre gli stessi. Oggi invece le formazioni cambiano faccia da una stagione all’altra e hanno 5-7 stranieri, quando ai miei tempi ce n’erano 2. Anche la partecipazione del pubblico non è più la stessa: il tifoso non può identificarsi in uno straniero, che talvolta resta in Italia soltanto un anno».

Per imporsi ad alti livelli, i ragazzi italiani avrebbero forse bisogno di una leadership alla Riva, costruita su un incrollabile spirito di sacrificio.

«Essere leader significa semplicemente dare il buon esempio», dice Nembo Kid, «ma non mi piace ciò che è diventato il basket italiano. Ho deciso di accantonare la carriera da general manager, perché affrontare malumori di giocatori e presidenti, garantendo un minimo di tranquillità all’interno della squadra, non mi dava più stimoli. Non mi riconosco più in questo movimento, che con il tramonto delle sponsorizzazioni sta faticando enormemente».

Mattia Rossetto

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