Il dossier sul dottor Ferrari travolge lo sport italiano
ROMA. Mai svegliare il can che dorme. Specie se è un furlano senza paura. Così quando, dopo che aveva accusato il dottor Michele Ferrari di aver partecipato all’ultimo raduno del Team Astana, “Pippobaudo” (nome d’arte del grande dopatore italiano) ha sfidato il giornalista e caporedattore Luca Gialanella, della Gazzetta dello Sport, a dimostrare che era vero, quest’ultimo ha deciso che i Filistei dovevano morire assieme a Sansone, e ha scodellato un dossier Coni, piovuto dall’indagine della Procura di Padova, pubblico ministero Benedetto Roberti. Dossier con tanto di nomi e cognomi, che mette nei guai mezzo ciclismo italiano e, purtroppo, mezzo Giro d’Italia, creatura della Gazzetta stessa. Anche l’Uci, che intantha deciso di ammettere il team Astana al World Tour, ha comunque chiesto di visionare la documentazione che la Procura ha trasmesso al Coni. Non c’è solo il ciclismo, naturalmente, dentro il dossier “Pedivelle pulite” che Padova spedisce al Coni: ci sono anche l’atletica (4 italiani con valori ematici sballati) e sci (leggi biathlon: tristissima e vergognosa la parentesi riguardante il ct azzurro Taschler, ora vicepresidente mondiale del settore, che affida il figlio a Ferrari per un ciclo di Epo). Resta da capire perché la Gasport che, apparentemente, sapeva tutto, tace finché non scatta la singolar sfida Ferrari-Gialanella. La gente ha o no il diritto di chiedersi quante altre cose vengano nascoste e tratte, alla bisogna, dall’archivio del Coni e del giornale sportivo più famoso d’Italia, lo stesso che organizza il Giro? Chissà dove sta la ragione, ma certo ha buon gioco chi ricostruisce così: la “GaSp” s’indispettisce perché non avrà il vincitore del Tour, Nibali, Astana, tra i partenti del Giro. E allora attacca la squadra (che solo ieri sera ha avuto notizia ufficiale da Aigle di aver conservato la licenza World Tour, in bilico a causa del doping riscontrato su 5 corridori kazaki) usando una presunta presenza del “dottor Mito” al raduno del team di Nibali a Montecatini. «Ci sono le foto», si legge. La risposta è una querela del dottor Ferrari: «Fuori le foto, carissima Gazzetta, o son guai». E allora, appunto, muoia Sansone Ferrari e tutti i Filistei, con la pubblicazione del riassunto delle 550 pagine della Procura di Padova su Michele Ferrari e i suoi pazienti-clienti. Un dossier che sembra a unico uso e consumo della Gazzetta, visto che a quelle pagine avevano provato, invano, ad accedere in molti. Evidentemente il Coni ha i propri canali privilegiati. Roberti è corretto, ma non altrettanto si può dire del comitato olimpico italiano presieduto da Malagò. Nell’elenco dei “ferraristi”, i frequentatori del dottore proibito, si leggono nomi noti e meno noti. Dal povero Bertagnolli - perché accanirsi su un corridore di terzo piano che frequenta “il Mito” senza grande profitto? - al moglianese Franzoi, dal (sorprendente: cosa ci avrebbe guadagnato visti i risultati non trascendentali?) padovano Marcato al vicentino Pippo Pozzato, dal marchigiano Scarponi al siciliano (campione italiano nonchè sorprendente vincitore della tappa del Galibier e della tappa di Vicenza al Giro 2013) Giovanni Visconti. E c’è anche uno strano capitolo dedicato al nipote del campione del passato Moreno Argentin, Andrea Vaccher, dilettante, che lo zio avrebbe raccomandato al dottor Miracolo per fargli ottenere migliori risultati, tre anni prima che il giovane di Ponte della Priula incorresse in un orribile incidente al Trofeo Bianchin di Ponzano.
Il dossier fornisce molti dettagli sulla “tessitura” del doping, fino al punto di ricostruire quello che è un passaggio fondamentale per dimostrare il traffico che passa attraverso procuratori, falsi rimborsi spese e banche svizzere, con cui le prestazioni dopanti sarebbero state pagate al dottor Ferrari. Il terremoto travolge anche ciclisti stranieri: molti i nomi non italiani nel dossier. Buon - si fa per dire - divertimento.
Toni Frigo
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