Il Padova baby nel segno di Claudio Ottoni

PADOVA. A volte il destino si diverte a fare degli incroci particolarmente suggestivi. Il 15 giugno 1994, nello spareggio di Cremona contro il Cesena, il Padova conquistava la promozione in serie A dopo 32 anni di assenza. Il capitano di quella squadra era Claudio Ottoni ma fu costretto a seguire la partita dalla tribuna a causa di un grave infortunio rimediato a fine campionato. Il 15 giugno 2018 Claudio Ottoni è l’allenatore in grado di riportare uno scudetto giovanile a Padova, 28 anni dopo l’ultimo trionfo tricolore. Nella data che maggiormente gli è rimasta nel cuore. E ci ha pensato a tutto questo Ottoni, eccome se ci ha pensato, visto l’aneddoto che ci proietta a poche ore prima dell’inizio della finale tra la sua squadra Under 15 e quella del Bisceglie. Mentre lo staff biancoscudato premeva per giocare con la consueta tenuta bianca, Ottoni ferma tutti e si impone: «Giochiamo in rosso, come 24 anni fa a Cremona».
La scaramanzia ha portato bene, il Padova ha vinto 3-0 festeggiando il titolo di campione d’Italia Under 15. Un nuovo 15 giugno che rimarrà nella storia. «Era proprio destino», sorride Ottoni. «Nel 1994 conquistammo la serie A dopo tantissimi anni d’attesa, ora festeggiamo uno Scudetto che mancava a Padova dal 1990. Ci siamo riusciti e l’abbiamo assolutamente meritato. Sia per la stagione regolare, che per la fase finale che abbiamo disputato». Ottoni, romano di nascita, è ormai un padovano purosangue. Arrivato nella città del Santo nel 1988 da calciatore, vi ha messo radici anche una volta appese le scarpe al chiodo: «Questa maglia per me è una seconda pelle. È la società a cui sono più legato, mi ha dato tantissime soddisfazioni da calciatore e adesso finalmente anche da allenatore. Sicuramente questa vittoria è la più grande gioia da quando siedo in panchina. Vincere lo scudetto è il massimo per un allenatore». Ed è anche un premio per la scelta fatta la scorsa estate, quando decise di lasciare il calcio dei grandi per tornare ad allenare in un settore giovanile. Ha mai avuto qualche dubbio se fare o meno questo passo? «Non ho mai avuto dubbi. Ringrazio il responsabile del vivaio Fulvio Simoni che mi ha voluto qui, era da 12 anni che non allenavo i giovani e rimettersi in discussione non è mai facile. Ho fatto la scelta giusta e questo successo è un premio anche per me». Simonini le ha affidato la squadra che, sulla carta, aveva più talento. Come li ha guidati al successo? «Non era scontato vincere, ma alla fine è stato meritato. Dopo un’ottima stagione regolare, ottavi e quarti di finale senza subire gol, abbiamo sofferto molto sia in semifinale che in finale. Ho avuto tra le mani un grande gruppo, ci sono diversi giocatori validi. Sapevamo dei poter arrivare lontano, ma non così tanto».
L’anno prossimo questo gruppo (così come tutti gli altri del settore giovanile, grazie alla promozione della prima squadra) giocherà i campionati di Serie A e B. Due giocatori (Bailo e Fabbian) sono già stati ceduti all’Inter, il resto della squadra ha le qualità per poter competere anche al “piano superiore”? «Qualche squadra sarà fuori portata per noi, ma con alcuni innesti potremo toglierci delle soddisfazioni anche con i club di A e B». Una dedica per questo successo? «Ai miei collaboratori, ai giocatori, alle famiglie e a tutti i tifosi del Padova». L’anno prossimo sarà ancora su questa panchina? «Al momento non lo so».
Intanto, com’era prevedibile, non è riuscita la “doppietta” all’Under 15. Nella Supercoppa disputata sabato contro l’Inter (vincitore dello scudetto di serie A e B) i baby biancoscudati hanno perso di misura per 1-0.
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