L’altro Stecca: storia di Loris, pugile maledetto

Cosa resterà degli anni Ottanta? Se lo chiedeva Raf qualche decennio fa e se lo chiedono in fondo anche gli autori di questo volume dedicato al pugile Loris Stecca (Il fratello sbagliato. Trionfi e...

Cosa resterà degli anni Ottanta? Se lo chiedeva Raf qualche decennio fa e se lo chiedono in fondo anche gli autori di questo volume dedicato al pugile Loris Stecca (Il fratello sbagliato. Trionfi e peripezie di Loris Stecca di Renzo Semprini e Filippo Vignali. Italica Edizioni, 15 euro).

Facendo una riflessione che parte sì da questo protagonista della boxe italiana ma che si amplia e finisce col diventare una fotografia di quegli anni: quando il pugilato aveva spazi molto ampi in qualsiasi giornale di sport, contrariamente a quello che accade ora, che viene “relegato” nel calderone degli sport minori.

È il 1984 e al palasport San Siro Stecca, categoria pesi supergallo, a soli 23 anni era diventato campione del mondo battendo Leonardo Cruz. Una carriera, la sua, scandita dall’inevitabile confronto col fratello Maurizio. «Se Maurizio si presentò subito come l’enfant prodige che confermò le sue doti prima all’Olimpiade di Los Angeles dell’84 e poi, forse in maniera meno devastante, sui ring professionistici, Loris ci conquistò subito per la sua intelligenza e per il suo spessore fuori dal ring», si racconta in queste pagine, fedele resoconto di una competizione sportiva e mediatica tra i due fratelli di Rimini. «Loris era uno a cui non andava mai bene niente, ma alla base del suo spirito di protesta c’era l’idealismo di un Don Chisciotte, che non si limitava a fare a pugni ma voleva sapere cosa c’era dietro... è lo stesso spirito che alla fine ha dirottato la sua vita prima verso un totale esilio dall’ambiente e poi verso i due brutti fatti di cronaca che chiudono il libro che avete fra le mani». Sì, perché Stecca è tornato a riempire le pagine dei quotidiani e non per meriti sportivi: nel 2008 minaccia di gettarsi dalla galleria di Scacciano (sull’A14, vicino a Misano Adriatico) per protesta contro la decisione della Repubblica di San Marino di non farlo tornare a combattere; nel 2013 invece viene fermato dalla polizia con l’accusa di tentato omicidio: ha accoltellato la socia con cui gestiva una sua palestra a Rimini.

Come se il pugile non riuscisse realmente mai ad appendere i guantoni al chiodo: la sua vita continua a rimanere un ring dentro cui sferrare pugni per difendersi dagli attacchi del destino. Anche quello di essere definito «il fratello sbagliato».

Annalisa Celeghin

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