New generation Alaba L’Austria multiculturale attorno a un pallone

È il simbolo dell’integrazione: mamma filippina e papà nigeriano  Lazaro, proprietà Inter, ha radici angolane. E Foda sfida la “sua” Italia 
Giulia Zonca

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Con i traslochi di David Alaba ci si potrebbe raccontare l’Austria. Capitano, faccia della nazionale e del Paese che non si è mai specchiato prima in un ragazzo di seconda generazione capace di correre spinto dai sogni dei genitori.

Alaba gioca e vince da sempre, a 28 anni nessuno lo identifica come il ragazzo che ce l’ha fatta perché al Bayern Monaco ha alzato ogni trofeo ed è già puro establishment. Oggi guida una squadra multiculturale che ha imparato la lezione tedesca e vive di differenze, di opposti, di ricchezza. Per questo sprigiona energia. Alaba è per l’Austria ciò che Jerome Boateng è stato per la Germania, non solo un ottimo difensore, ma uno che porta la fascia e pure l’identità ed è ancora una rottura, di questi tempi, arrivarci a partire da una famiglia di immigrati. Madre filippina, padre nigeriano e lo slang più viennese che si può. Nato nell’undicesimo, a Simmering, quartiere problematico definito «capro espiatorio», cresciuto nel ventiduesimo dove magari la città si fa più lontana però pure i guai prendono distanza, poi approdato alla «innere stadt», il centro più centro, dove risiederà anche adesso che si trasferisce al Real Madrid. L’appartamento su due piani è un mercato: «I miei parenti filippini vanno e vengono, gli amici della scuola pure e vivono a km quindi si fermano quanto vogliono». Fa le pubblicità di moda, protesta via twitter contro i comportamenti razzisti e gioca a pallone. Assai bene. L’Austria non superava il primo turno dai Mondiali del 1982, si è presentata a Euro 2020 senza troppo sostegno ma i tifosi già guardavano il capitano, un modello per molti giovani austriaci.

La scuola tedesca lascia il segno: circa l’80% (21 giocatori su 26) della rosa sta in Bundesliga e il livello si è alzato. Poi c’è il ruolo della Red Bull Salisburgo, una delle squadre «lattine»: tanti soldi e monopolio del campionato. Per qualche anno ha introdotto capitali e nomi più forti di quelli in circolazione, poi ha annullato la competizione, perché nessuno può contrastarli, ma intanto l’Austria ha respirato altra aria e si è lasciata attraversare.

Valentino Lazaro, orbita Inter, ha un padre che ha viaggiato dall’Angola a Salisburgo per permettere ai figli di osare, Arnautovic e Dragovic, figli di Vienna e di origini serbe e Franco Foda, il tecnico che tiene insieme il gruppo e ha un evidente legame con l’Italia. Il padre si è trasferito dal Veneto a Magonza, luogo di nascita del futuro ct con una carriera tutta spesa nel calcio austriaco. Arnautovic ha saltato una partita per un insulto. Ha scampato l’accusa di razzismo, non la fama di esagitato. In campo Alaba lo ha sgridato. Sono amici, li chiamano «l’angelo e il demonio»: sono l’Austria. —



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