Omar, l’ultimo rigore parato a Balotelli e un male da battere

Mario è là, in Brasile, idolo delle folle, infallibile cecchino dal dischetto, tutto intento a battere anche la Seleçao. Omar è qui, in Italia, e prova a sconfiggere la spondiloartrite: il calcio per il momento è solo una partita con gli amici. Eppure c’è un filo sottile che collega Balotelli a Rossetto, ex delle giovanili del Cittadella: è lui l’ultimo portiere che ha parato un penalty al centravanti della nazionale, nell’ormai lontano 19 marzo 2006, quando SuperMario era negli allievi del Lumezzane.
Da allora ne è passato di tempo, sette anni abbondanti durante i quali il milanista ha vestito anche le maglie di Inter e Manchester City, oltre all’azzurro, con le quali ha realizzato complessivamente 19 reti su 19 rigori in gare ufficiali. In quella primavera il Balo stava affinando la propria tecnica dal dischetto, tanto che una settimana prima della sfida con Rossetto, aveva sbagliato dagli undici metri contro la Reggiana di Costantino Marino: insomma, una palestra fatta di errori per diventare praticamente una macchina.
È successo anche contro il Giappone: Kawashima da una parte, il pallone dall’altra. Non una sorpresa per il pordenonese Omar Rossetto: «È il migliore a calciare i rigori. Sono angolati e potenti, impossibile fermarli». Eppure lui l’ha fatto, seppure una vita fa. Ma il ricordo è ancora nitido. Quella era una partita al tramonto, sull’1-0 per il Cittadella sul Lumezzane: a un quarto d’ora dalla fine il rigore per il Balo: «Prende la rincorsa e parte volendo calciare alla mia destra – racconta Rossetto –, ma io resto fermo e a metà rincorsa Mario guarda alla mia sinistra. Vuole ingannarmi, penso, così decido di gettarmi lo stesso a destra». E siamo arrivati così al momento clou, quando Balotelli rallenta, quasi si ferma, allargando in compasso per far partire, come una fionda, il destro: «Sì, s’inclina, sembra che apra il piatto, ma in realtà incrocia: tiro forte e rasoterra, io mi butto all’ultimo e con la mano aperta fermo la conclusione».
Il tempo dirà che quella di domenica 19 marzo 2006 fu una prodezza. Da quel momento la forbice del destino si allarga spietata. Da una parte SuperMario, irrequieto talento strapagato che prima emigra nella Premier League e poi torna in Italia nel Milan, diventando nel frattempo il punto di forza della nazionale; dall’altra Omar, portiere nel giro delle nazionali giovanili e “terzo” del Cittadella che nel giro di qualche stagione si ritrova a combattere con una malattia che non gli permette neppure di allenarsi.
«Non sarei mai diventato un professionista del livello di Mario, ma potevo aspirare in un posto in Lega Pro, magari dopo un po’ di gavetta nelle serie minori», spiega Rossetto. Gli ultimi anni, invece, sono stati un calvario e non certo per colpa sua: la spodiloartrite con il passare delle stagioni è diventata sempre più invadente. Se prima bastavano degli antinfammatori per controllare il gonfiore alle caviglie e alle ginocchia, negli ultimi tempi serviva un robusto dosaggio di cortisone per permettere a Omar di muoversi senza problemi. «La scorsa estate mi sono dovuto fermare: non riuscivo più ad allenarmi, zoppicavo, faticavo anche a piegarmi dopo gli allenamenti». Per lui anche un impegno in Promozione (frequentata prima con il Vigonovo e poi col Careni in Veneto) era troppo.
Così gli ultimi dodici mesi sono stati dedicati alle cure: «Mi hanno ricoverato in ospedale a Ferrara per studiare il caso e individuare la cura. Questa forma di artrite si può tenere sotto controllo con i farmaci, anche se dovrò prenderli per tutta la vita. Ora va decisamente meglio». Rossetto vive nella sua Prata, fa l’operaio, sogna di gestire un bar e ha messo il calcio nel cassetto. Lo apre solo per giocare con gli amici, magari tra un po’ tornerà un vero portiere. «La tecnica e il colpo d’occhio non si perdono mai»: lo sa anche SuperMario.
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