Padova, le dieci cose che (forse) non sapete del «nostro» Ronaldo

PADOVA. Leader, capitano e all’occorrenza goleador.
La vittoria sul campo di Pesaro, che ha permesso al Padova di allungare ancora in testa alla classifica di serie C, porta la firma indelebile di Ronaldo Pompeu Da Silva.
Il centrocampista brasiliano, che con Cherubin in panchina è stato promosso capitano, ha sbloccato il risultato sul finire del primo tempo con una splendida punizione, che ha aperto la strada del quarto successo in cinque partite dei biancoscudati.
Ma c’è stato molto altro nella partita del “nostro” Ronaldo. Come c’è tanto altro nella vita del giocatore che sembra destinato ad essere l’uomo copertina di questo nuovo Padova. Ecco allora dieci tratti distintivi che delineano il profilo del centrocampista verdeoro.
1 CHAPE. Ronaldo (nome scelto dalla mamma) è nato l’8 aprile del 1990 a Caxambo do Soul, nello stato di Santa Caterina, ai confini con il Paraguay. Ma soprattutto a due passi dall’Arena Condà, la casa della Chapecoense, squadra di riferimento per tutta la regione. La sciagura area che colpì la Chape nel 2016, fu un duro colpo per lo stesso Ronaldo.
2 LO SCOPRITORE. A 15 anni ha lasciato la città natale per andare a giocare nella scuola calcio di Alessandro De Blasi, imprenditore e talent scout di giocatori brasiliani. È lui che gli permette di finire la scuola e lo porta a Mantova appena 17enne. Non si muoverà più dall’Italia. Nello stesso periodo De Blasi, convince il Verona a prendere un altro giovane brasiliano: Jorginho, l’attuale regista della nazionale.
3 LA MOGLIE. Com’era il detto? Ha lasciato casa a 15 anni, ma si è sposato con Indiara, una ragazza del suo paese, Caxambo do Sul. La moglie lo segue in tutte le piazze dove è stato e nonostante i tanti traslochi, è riuscita a laurearsi lo scorso anno in ingegneria con una tesi sull’analisi energetica di edifici residenziali. Ed è stata festa grande.
4 TIRRENO-ADRIATICO. Ronaldo ha ritrovato il gol con il Padova 3102 giorni dopo la prima e unica volta. In Livorno-Padova del 25 gennaio 2011 segnò su punizione la rete che aprì la rimonta per il 3-3 finale. Era il suo primo gol tra i professionisti. Domenica si è ripetuto a Pesaro, ancora da fermo. Ora aspetta l’acuto all’Euganeo.
5 IL LOCO. La prima avventura con il Padova non andò benissimo: Foschi non gli rinnovò il contratto. Ma da lì la sua carriera è decollata, fino all’esordio in Serie A con l’Empoli. Fu anche acquistato dalla Lazio, ma non riuscirà mai ad indossare il biancoceleste. Nell’estate 2016 Lotito ingaggiò Bielsa in panchina, l’allenatore ideale per valorizzarlo. Ma il “Loco” tenne fede al suo soprannome, si dimise dopo 2 giorni e Ronie fu spedito a Salerno.
6 IL RISTORANTE. Salerno, Campania, la patria della pizza. Che lui apprezza parecchio, come si vede dal profilo Instagram. Ma niente può battere il churrasco tipico della sua zona, il sud del Brasile. Il ristorante preferito? L’Angus di Mogliano Veneto.
7 LA PLAY. È un tipo tranquillo Ronaldo. Piuttosto riservato. Almeno così lo descrivono amici e compagni. Ma non disdegna quello che è lo svago classico di tutti i ritiri: la playstation. Niente calcio, però, il gioco preferito è “Call of duty”, celeberrimo sparatutto.
8 IL POST. Il suo ritorno a Padova, a luglio, fu celebrato con un post diventato subito virale. Il club biancoscudato scimmiottò la grafica usata dalla Juventus per annunciare l’arrivo di CR7, con tanto di esultanza stilizzata del portoghese su sfondo bianco e rosso. Risultato: post più condiviso e visto dell’anno e citazioni da giornali e siti di mezzo mondo.
9 IL NUMERO. Dopo il post, il numero? Dietro le quinte l’ufficio marketing biancoscudato ha provato a suggerirgli di prendere la maglia numero 7. Ma Ronaldo non ha ceduto al cuore e si è accaparrato la fidata 14. Ovvero il giorno in cui è nata sua figlia Gaia, che adesso ha un anno e mezzo.
10 QUANTI FALLI. Classe, tecnica, visione di gioco. Certo, ma non solo. Ronaldo è anche un bel “randellatore”. In 222 presenze totali in Italia, il brasiliano ha racimolato la bellezza di 70 ammonizioni e 7 espulsioni. Meno di un cartellino ogni tre gare. E quest’anno è già a quota due. —
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