Quel Padova del paròn, da Azzini a Humberto Rosa
Con la morte dell’argentino, la leggendaria squadra di Rocco ha perso un altro dei suoi grandi cantori

EDEL - FOTOPIRAN - PADOVA - RICORDO UMBERTO ROSA EX CALCIO PADOVA
Quel Padova... Quel Padova, sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso, era una squadra capace di riempire fino all’inverosimile il vecchio Appiani. In un’occasione, la stagione del terzo posto, gli spettatori furono così tanti da dover essere ospitati in buona parte dietro le porte e perfino dietro le due linee laterali del rettangolo di gioco. Ora tutto questo sembrerà impossibile, quasi irreale, ma allora nell’andare a vedere una partita di calcio non si temevano atti di violenza, e la gente riempiva gli stadi soltanto per divertirsi. Il calcio era veramente e soprattutto un gioco.
Quel giorno, ed erano anni in cui a calcio si giocava solo la domenica, tutte le partite dalla Serie A alla Terza Categoria, il Padova ospitò la Juve. E grazie ad un gol di “Coco” Rosa per un tempo i tifosi biancoscudati sognarono la grande impresa. Poi nella ripresa la Juve trovò il pareggio, ma i tifosi padovani se ne tornarono ugualmente a casa soddisfatti per aver impaurito i grandi campioni di Torino. Orgogliosi di una squadra costruita in apparenza su giocatori rifiutati altrove, rilanciati da un grande allenatore emergente, il
paròn
triestino. Rocco sembrava un burbero, ma in realtà non lo era. Non era neppure un mago, come negli stessi anni fu definito Helenio Herrera, l’allenatore che assicurò successi e gloria all’Inter. Mi piace ricordarlo come un uomo semplice, per nulla presuntuoso e arrogante nonostante i tanti successi ottenuti. Era oltretutto dotato di grande umorismo. Chissà, fosse oggi ancora vivo, in un’epoca di tattiche e formule diverse, in un calcio dove sulle maglie dei giocatori appaiono i numeri più strani, potrebbe commentare in tipico dialetto triestino:
«Ma disime muli, cossa zelo diventa ’sto calcio? ’na lotteria?
». Eppure Rocco, sulle orme di un predecessore di grande prestigio come Gipo Viani, fu colui che consacrò nel calcio la formula del libero, trasformando il classico centromediano generalmente incollato alle costole del centravanti avversario come l’uomo in più in difesa. Il primo libero della storia del calcio si chiamava Azzini, un bresciano dal fisico quadrato eppure così agile a vedersi che Rocco, con la sua sferzante ma pur sempre bonaria ironia, lo battezzò come la “
vacca volante
”. Ne aveva per tutti Rocco, e ricordo bene come a Lello Scagnellato, vera bandiera biancoscudata, affibiò l’appellativo di Padre Callaghan, dal momento che il poderoso terzino, vanto di un intero quartiere come l’Arcella, impose fin dall’inizio a tecnico e squadra la pratica della Messa al Santo in occasione delle partite interne.
Rocco non era soltanto uomo di grandi intuizioni tecniche e tattiche, ma anche esperto preparatore atletico, con metodi tutt’altro che “canonici”. Fu così che recuperò alla grande un centravanti come Sergio Brighenti. Costui arrivò al Padova dalla Sampdoria sulla soglia dei trent’anni, ormai considerato al tramonto della carriera, lui per primo sfiduciato e con parecchi chili in più sulla gobba e nelle gambe. Al termine dei consueti allenamenti sul campo, Rocco gli indicò per settimane la biancheria stesa ad asciugare al sole in cima alle gradinate. Gli intimò di salire e poi ridiscendere portando giù un capo alla volta. Credibile o meno questo metodo, la cronaca racconta che poco alla volta Brighenti recuperò fiato e peso forma. Celebri diventarono in tutta Italia le sue rovesciate condite spesso da altrettanti gol. Il clamoroso recupero fu tale anche sul piano della convinzione personale che Brighenti, assieme al compagno dell’attacco biancoscudato, Amos Mariani, si guadagnò la convocazione in Nazionale. E i due furono protagonisti di uno storico pareggio a Wembley, dove l’Italia, incontrando l’Inghilterra, aveva sempre perso.
Quando Rocco andò al Milan, vincendo in rossonero scudetti e Coppe, finì purtroppo l’avventura di “quel Padova” . Di una squadra della quale, fino a pochi giorni fa, Umberto “Coco” ’Rosa era rimasto uno degli ultimi cantori ancora in vita. Una squadra destinata ad entrare nella leggenda, come il suo indimenticabile
paròn
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