Ritorno amaro all’Euganeo, il Padova perde ma dubbi sul Var

Perplessità sull’intervento della tecnologia e sulla decisione di Di Marco: «L’assistenza video ha pesato sulla scelta finale presa dall’arbitro»

Stefano Volpe
L'arbitro al Var
L'arbitro al Var

Nessuna protesta nelle stanze dei bottoni, nessun urlo di sdegno ai microfoni, ma tanta amarezza per un episodio controverso che avrebbe potuto cambiare il risultato di Padova-Frosinone. Il giorno dopo la sconfitta all’esordio casalingo, in casa biancoscudata si rimugina ancora su quel rigore assegnato dall’arbitro Di Marco per il fallo del portiere Palmisani su Perrotta e poi revocato dallo stesso direttore di gara dopo essere stato chiamato a rivedere l’azione. Ma i dubbi (fortissimi) restano, così come il metodo che hanno usato gli addetti al Var per valutare un’azione decisiva, visto che si era già al primo minuto di recupero della ripresa, sul risultato di 1-0 per gli ospiti.

Non certo uno scandalo, ma un episodio che rientra in quella “zona d’ombra” nella quale le immagini televisive non sono chiare e nemmeno aver rivisto l’azione centinaia di volte da tre o quattro inquadrature diverse aiuta ad emettere un verdetto certo. Nelle prime tre partite di campionato gli arbitri che hanno diretto il Padova sono già stati chiamati due volte all’“on field review”, vale a dire a mettere in discussione una propria decisione riguardandola al monitor. Nel primo caso, l’assistenza video ha salvato i biancoscudati contro l’Empoli, visto che l’arbitra Caputi, dopo aver rivisto l’azione, ha revocato l’espulsione diretta comminata a Fusi.

Anche sabato scorso l’arbitro Di Marco ha corretto la propria decisione, ma stavolta a sfavore dei biancoscudati. Già quando il fischietto laziale è stato chiamato dai colleghi al Var a rivedere l’azione, lo stadio Euganeo ha cominciato a mormorare, anche perché le statistiche parlano chiaro: nell’80 per cento dei casi un arbitro che rivede un episodio poi cambia decisione. Spesso perché si rende conto di aver sbagliato, ma altre volte perché, non essendo chiara la dinamica, preferisce non andare allo scontro con gli addetti al var.

Ed è proprio questo quanto successo nel finale di Padova-Frosinone. Qui sorgono alcuni interrogativi. Visto che le immagini televisive non stabilivano con certezza se il portiere avesse toccato la palla prima di stendere Perrotta, perché il Var ha richiamato l’arbitro? Non sembravano esserci gli estremi per correggere “un chiaro ed evidente errore” come dice il regolamento. Allo stesso modo, perché l’arbitro, dopo aver visionato queste immagini, non si è fidato di quanto aveva visto con i propri occhi? «Abbiamo voluto il Var e adesso dobbiamo accettare il proprio utilizzo», sentenzia Mariano Schiavon, ex assistente arbitrale internazionale.

«Ci sono casi, come questo, in cui nemmeno le immagini riescono a togliere tutti i dubbi, ormai abbiamo capito che l’assistenza video non è infallibile. Dalla posizione in cui si trovava l’arbitro era difficile capire chi avesse toccato prima il pallone, lui aveva valutato fosse stato Perrotta e ha dato il rigore. Poi, una volta riviste le immagini, non se l’è sentita di confermare la decisione, proprio perché non aveva la certezza di aver visto correttamente. E in quei casi, quando i colleghi al Var ti mettono un dubbio, è difficile restare fermi sui propri passi. Secondo me la decisione è stata giusta, anche io mi sarei comportato come Di Marco». 

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