Sarri e l’odio anti-juventino «Diventi “gobbo” per forza»

Da Sacchi a Figline, il mister si racconta: «In tutta Italia per noi amore o rabbia» E il futuro: «Raccogliamo le energie, poi si giocherà per 12-15 mesi di fila»
Maurizio Sarri allenatore della Juventus
Maurizio Sarri allenatore della Juventus

torino

Quaranta giorni dopo il successo sull’Inter, Maurizio Sarri torna a parlare: della Juventus e di se stesso, di Arrigo Sacchi e Charles Bukowski, dei bar di Figline e di Stamford Bridge, dei Rolling Stones preferiti ai Beatles.

Il lockdown è riempito dalla lettura e dalla musica, dalla cucina («mi sta prendendo, ma il livello attuale è scadente») e naturalmente dal calcio. Il tecnico bianconero divora gialli italiani, ma la passione, trasmessa da una professoressa, è più ampia e profonda: «Da giovane ero folle, cercai di leggere anche tutto l’Ulisse di Joyce... Poi ho scoperto Bukowski e non mi sono dato pace finché non ho letto tutti i libri».

Le canzoni sono una rivincita («gli amici di mio figlio dicevano che ero vecchio, ora mi chiedono di mettere musica anni Settanta»), il calcio è semplicemente la sua vita: «In questo momento non ho la testa completamente libera, ho riguardato alcune partite nostre per schiarirmi le idee. In estate speriamo si giochi, quindi penso sia giusto staccare un po’. Anche perché, fra questa stagione e la prossima, faremo probabilmente 14-15 mesi di fila. Guardo qualche partita del passato e ogni volta che vedo il Milan di Sacchi mi rendo conto che erano vent’anni avanti»

Il calcio è anche in un film rivisto, “Febbre a 90”: «Lo consiglio perché insegna come nasce l’amore per la squadra».



Sogna, come tutti, il ritorno alla normalità, e il primo viaggio che immagina è un augurio: «Roma, per la finale di Coppa Italia. Poi qualsiasi tappa europea: vorrebbe dire che saremo andati avanti».

È il suo primo anno bianconero, confida d’essere rimasto colpito da quanto la Juve divida: «In qualsiasi posto d’Italia, siamo circondati da amore e odio. Siamo quelli sempre favoriti dagli arbitri, anche se i numeri dicono altro. Personalmente sono stato fischiato a Napoli dove sono nato e ho dato tutto, i tifosi della Fiorentina hanno insultato mia madre: quando vedi l’odio esterno ti innamori della realtà. Diventi gobbo anche perché sei sempre attaccato».

L’autoritratto viene dipinto a Jtv, nel programma “A Casa con la Juve” che ospita anche lo scrittore Sandro Veronesi. Sarri ritiene la scaramanzia naturale in un lavoro «legato a episodi e a prestazioni altrui» e racconta un aneddoto antico, tempi di Eccellenza: aveva la fissazione di parcheggiare sempre allo stesso posto e tamponò la macchina di un calciatore che non voleva spostare la sua.



Confessa di aver pianto per il calcio: «Più per sofferenza che per gioia, mai pubblicamente: non è un segno di debolezza ma di passione e forza per ripartire». Altre confidenze sul rapporto con i giocatori: «Non sono uno da pacche sulle spalle, parlo molto degli errori e poco di ciò che fanno bene. All’impatto è pesante, poi dopo ti riconoscono un’onestà di fondo. I rapporti migliori li ho con i calciatori che ho fatto giocare poco. Al Chelsea ho avuto un inizio difficile, quando ho detto che andavo via ho pianto come molti di loro». L’Inghilterra è un bel ricordo («i giovani hanno più chance, in Premier non ho mai sentito un coro contro»), il mondo ideale in Valdarno, fatto di cose semplici, «l’ora al bar che diventa cazzeggio» e può riservare grandi sorprese: «Passò uno che somigliava a Dustin Hoffman, un mio amico lo chiamò: era davvero lui, andava da Sting che sta a Figline». —



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