Sessant’anni fa moriva Tazio Nuvolari

Caschetto di cuoio, occhiali da aviatore sul naso affilato, mani come artigli fasciate dai mezzi guanti, aggrappate al volante di legno. È l'immagine di Tazio Nuvolari che rimandano scatti in bianco e nero o qualche fotogramma sgranato di cinegiornale, risalenti al trentennio che lo vide vincere - prima in moto, poi in macchina - sulle strade e le piste d'Europa e del mondo. Domani, sessant’anni fa, l'11 agosto del 1953, a 61 anni moriva «Nivola» o «il mantovano volante», come l'aveva ribattezzato Gabriele D'Annunzio. Un ictus gli diede il colpo di grazia, ma da anni sopravviveva con i polmoni minati dalle tante sigarette e dai vapori di benzina respirati in una vita. Autiere durante la Grande Guerra, poi pilota su due ruote fino a metà degli anni Venti. Già famoso, si avvicinò alle corse in auto, alternandole con quelle in moto. Finchè nel 1930, vincendo la Mille Miglia (con Alfa Romeo di Enzo Ferrari), decise di dedicarsi solo alle prime. Fu l'edizione del sorpasso notturno su Achille Varzi, a fari spenti, per coglierlo di sorpresa. Uno dei tanti aneddoti che accompagnano l'epica del mito Nuvolari. Come quello della gara conclusa con una chiave inglese fissata al mozzo dello sterzo, al posto del volante spaccato. O l'invenzione della «sbandata controllata».
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