«Umorale, schietto e responsabile, a me Lorenzo piace così»

Marzio Innocenti, ex campione del Petrarca anni Ottanta, parla del figlio, mattatore nel derby contro il Rovigo
Di Federico Fusetti
BARON RUGBY PETRARCA-ROVIGO STADIO PLEBISCITO prima meta INNOCENTI
BARON RUGBY PETRARCA-ROVIGO STADIO PLEBISCITO prima meta INNOCENTI

PADOVA. Settembre 1958, luglio 1987. Quasi 29 anni di differenza separano padre e figlio. Uno è Marzio Innocenti, livornese, terza linea del Petrarca pluriscudettato. L'altro è Lorenzo, nato un paio di mesi prima che il padre guidasse la spedizione azzurra alla prima Coppa del Mondo, in Nuova Zelanda. Lorenzo fa parte da alcune stagioni della rosa della prima squadra, ha vinto lo scudetto di due anni fa, ma domenica ha fatto irruzione nel derby: due mete, uomo del match, statistiche personali da richiedere il pallottoliere.

«Era un Lorenzo che non conoscevo», confessa con orgoglio papà Marzio, oggi apprezzato otorinolaringoiatra. «Sapevo che ha delle potenzialità, ma è andato oltre ogni aspettativa. Mi riferisco ai placcaggi, alle corse, ai sostegni in attacco e difesa».

Come si spiega questo cambiamento?

«È sempre stato ben visto, ci mancherebbe, però evidentemente i nuovi allenatori e un ambiente diverso l'hanno aiutato a dare il meglio».

Come ha iniziato a giocare Lorenzo?

«Non ho mai spinto perché accadesse. Certo, mi vedeva, a casa ho maglie, fotografie, palloni, ma preferiva il calcio. Una sera, aveva otto anni, io stavo uscendo per allenare il Cus Padova, lui è vicino alla porta con la borsa. Vai a calcio?, gli ho chiesto. No, la mamma mi porta al Cus a giocare a rugby, la sua risposta. Alfonso Catarinicchia, il primo allenatore, gli ha trasmesso le prime regole, anche di comportamento, di questo sport».

Fa mai confronti tra Lorenzo e Marzio giocatori?

«Ho sempre pensato che purtroppo per lui sarebbe stata più difficile. Ma non potevo farci nulla. Non gli ho mai parlato di come ero io, al massimo dei miei compagni. Per fortuna io giocavo in un ruolo completamente diverso. Lui trequarti, io in mischia. Comunque penso che tra i due lui sia più bravo. Rispetto a me sa passare meglio, calciare la palla, correre più veloce. È più completo».

L'ha mia aiutato?

«Mai. Vincenzo Troiani, allenatore delle Nazionali giovanili, un giorno mi chiama, è un atto di cortesia. Tuo figlio è arrivato in ritardo al raduno, e poi ci sono altre cose da correggere, mi dice. E perchè mi chiami?, gli ho risposto. Dillo a lui, è un giocatore come gli altri. Non convocarlo più, se ritieni. Nel bene e nel male, con soddisfazioni e fallimenti, ha fatto tutto da solo».

Qualche consiglio, però, gielo darà...

«Certo. È diventato padre giovanissimo, Gianfilippo gli ha cambiato la vita. Secondo me è un ottimo padre e un ottimo compagno per Maria Lucrezia. Deve pagare le bollette, l'affitto, portare avanti la famiglia. È cambiato in meglio. Ha accelerato gli studi, concluso il triennio di Scienze Politiche, è maturato. Spero riesca a conciliare famiglia, lavoro e rugby, tutto al massimo livello».

Ha qualche difetto?

«A me Lorenzo piace moltissimo così. Dice sempre quello che pensa,ma facevo così anch'io. E poi è umorale. Se però le cose girano bene, ecco il Lorenzo del derby con Rovigo, entusiasta e vincente».

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