Zanardi: «La motivazione non ha segreti, passione unita alla voglia di dare il massimo»

Grande successo di partecipazione al webinar riservato l’altra sera agli atleti paralimpici del progetto Obiettivo3 

padova

«Dove nasce la motivazione?» Bella domanda. Ma se a porsela è Alex Zanardi, allora vale la pena ascoltare la risposta. Il campione paralimpico, che l’anno prossimo a Tokyo punta a disputare la sua terza edizione dei Giochi alle soglie dei 55 anni, giovedì sera ha tenuto un webinar riservato agli atleti paralimpici del progetto Obiettivo3 ma aperto anche a tutte le persone interessate ad ascoltarlo. E il titolo dell’incontro era proprio questo: «Dove nasce la motivazione?». L’atleta bolognese, ma padovano d’adozione, ha risposto aprendo il bagaglio della sua incredibile vita e carriera. «La motivazione è l’effetto che scaturisce dal poter fare le cose in modo appassionato e godere del proprio progetto. La motivazione nasce dal desiderio di coltivare la propria passione non per i fini unici di un risultato, ma per la semplice voglia di far bene qualcosa. Non è voler battere a tutti i costi un avversario, quella è l’ambizione, che è un aspetto importantissimo nello sport ma è una cosa diversa. La motivazione è quella molla che ci spinge ad arrivare nelle condizioni di giocarci il massimo risultato, testa a testa con il proprio avversario».

Certo, facile dirlo quando si è trionfato sia nell’automobilismo che nel paraciclismo. Ma Zanardi ha degli argomenti forti dalla sua parte: «Quando ho vinto la mia prima medaglia d’oro a Londra ero felice, ma la sensazione che mi ha avvolto poco dopo era un misto di rammarico e nostalgia. Mi sentivo così perché ero arrivato al termine di un percorso bellissimo e avevo capito che quello che contava davvero non era il risultato, ma quanto avessi fatto per arrivare fino a lì. E così mi sono posto altri obiettivi e sfide da provare a raggiungere». C’è un anno fondamentale nella svolta sportiva di Zanardi, è il 2009. «Per trovare la motivazione, bisogna farsi anzitutto una domanda: dove vogliamo andare? E da lì serve stilare una lista di priorità. Perché spesso si tende a seguire il gruppo senza sapere dove questo gruppo sta andando. E magari solo in corsa ci si accorge che la meta non è quella che si vuol raggiungere. Nel 2009 correvo con la Bmw nel campionato del mondo superturismo. Una grande fortuna e opportunità per un pilota, ma io stavo cercando anche altro. Così scelsi di abbracciare l’handbike, più di qualcuno mi guardò storto, ma non importava, cercavo un percorso che mi facesse felice senza abbandonare l’automobilismo. La soddisfazione più grande non sono stati i risultati ma essere riuscito ad accendere un po’ di più i riflettori sul mondo paralimpico». A Zanardi è mai capitato di pensare: “questa cosa proprio no, non ce la posso fare?”. «Io sono un ottimista e questo è un grande vantaggio. Ho avuto dei momenti di sconforto ma non sono stati tanti perché ho sempre moderato la mia aspettativa. La prima volta che sono salito su un kart ero il più lento di tutti, ma avevo una gioia che mi ha portato a pensare che dovevo trasformare quella passione in un mestiere. Per questo credo che per superare i momenti di sconforto sia utile saper girare la testa e farsi ispirare da chi può essere d’esempio». —



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova