Zorzi, se un padovano è “re” a Piazza di Siena...

Da Cartura all’Olanda: era numero 649 al mondo, adesso è cinquantesimo

CARTURA. C’è anche una “matrice” padovana nello storico trionfo italiano di Piazza di Siena a Roma, dove la squadra azzurra di equitazione venerdì è tornata a mettere le mani sulla Coppa delle Nazioni, dopo 32 anni di un’attesa infinita. Alberto Zorzi, 28 anni, nativo di Cartura, e cresciuto nel maneggio di Monselice, dove il fratello Giampietro svolge l’attività di istruttore per andare a cavallo, è stato l’autentico trascinatore del Dream Team, piazzando un doppio netto in due manche, per un totale di 17 “zero” su 32 percorsi. Con i compagni di squadra Lorenzo De Luca, di Lecce, Piergiorgio Bucci, di L’Aquila, e Bruno Chimirri, di Catanzaro, sotto la guida del Ct Roberto Arioldi, ha compiuto un’autentica impresa mettendosi alle spalle Olanda ed Irlanda. E oggi torna alla carica nel Gran Premio Roma, sempre sullo stesso palcoscenico, gara che non facciamo nostra dal 1994.

Alberto, si è dato un pizzicotto per avere la conferma che non si è trattato di un sogno?

«Non ce n’è stato di bisogno.Alla prima volta in Coppa a Piazza di Siena l’emozione un po’ ti prende, ma poi entri in clima gara. E io volevo far bene. Tutti abbiamo risposto alla grande. È stata la classica prova perfetta. Perfetta e fortunata».

Famiglia dedita ai cavalli, la sua?

«Ho iniziato a 9 anni, quando papà Roberto (la mamma si chiama Antonella, ndr) mi portò a montare a Monselice. Io sono l’ultimo di quattro fratelli (le sorelle Francesca e Roberta e Giampietro) e volevo giocare a calcio. Ci avevo provato un paio di volte, con il Cartura, ma non era andata bene. Poi, considerando che mio fratello faceva (e fa) l’istruttore, abbiamo puntato su questa disciplina e da lì è partito tutto».

Due anni e mezzo fa la svolta: il trasferimento in Olanda, a Valkenswaard, nelle scuderie di Jan Tops ed Edwina Alexander. Perché?

«Lì ci sono i cavalli migliori e c’è un’organizzazione in cui le cose funzionano. Inoltre gli olandesi hanno la mentalità giusta per uno sport del genere. Con Annalisa, la mia compagna (padovana anch’essa, ndr), ci siamo detti che ne valeva la pena. Ero numero 649 nel ranking mondiale, adesso sono 50º (in Italia solo De Luca, sesto, gli sta davanti, ndr)».

Cos’ha fatto lievitare in un arco di tempo così breve il suo talento?

«La determinazione, la freddezza e il lavorare sodo che hanno caratterizzato le nostre giornate. Dalle 8 del mattino alle 17 la quotidianità è stata scandita dal lavoro con i cavalli».

L’Esercito, visto che lei è primo caporal maggiore, l’aiuta?

«Un piccolo sostegno ce l’ho dalle forze armate, diciamo che anche questo è servito».

Binomio cavaliere-quadrupede fondamentale. Lei monta una cavalla straordinaria, Fair Light van T Heike. Quanto le sta dando?

«Tantissimo. Siamo insieme da un anno e mezzo, è un animale dal forte temperamento, una supercavalla. Mi ha lanciato sulla scena internazionale».

Obiettivo Olimpiadi di Tokyo 2020, allora?

«Calma, calma... C’è ancora tanta strada da percorrere, a me basta entrare nel lotto dei più forti».

E a casa che dicono?

«Sono contenti. Ma non li vedo mai, sempre in giro per il mondo...».

Stefano Edel

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