«Anch’io vittima» Trinca si difende e attacca la direzione
Veneto Banca, la memoria contro la richiesta danni Sulle baciate l’ex presidente punta il dito contro l’ex dg

Ferrazza Venegazzù assemblea soci Veneto Banca 2014 Flavio Trinca
TREVISO. Lui è una vittima, come lo sono i suoi familiari. Perché, allo stesso modo degli altri risparmiatori di Veneto Banca, aveva investito in azioni dell’istituto - 43.442 per l’esattezza - e ha perso tutto; azzerate anche quelle di figli, cugini e nipoti.
Parte da qui, da questa premessa, la memoria difensiva di Flavio Trinca depositata a fine ottobre al tribunale delle imprese di Venezia. L’ex presidente della Popolare, con l’avvocato Alessandro Simionato, respinge la richiesta danni da 2 miliardi di euro avanzata dalla nuova gestione dell’istituto che ha promosso l’azione di responsabilità contro gli ex vertici. Il documento è decisamente più snello rispetto al “memoriale Consoli”, 86 pagine contro le oltre 400 dell’ex direttore generale di Veneto Banca e anche i toni sono più pacati. Ma su un punto le due memorie convergono: sull’attribuzione ad altri delle responsabilità relative alle operazioni baciate. E se l’ex dg chiama in causa le filiali, Trinca punto il dito contro la Direzione Generale, vale a dire Vincenzo Consoli e contro quella Commerciale.
Realtà complessa.
Il tracollo di Veneto Banca, spiega Trinca, non può essere ricondotto al «facile schema» per cui uno spregiudicato gruppo dirigente avrebbe agito alla ricerca del proprio beneficio e a scapito di una pletora di investitori in buona fede; schema poi smascherato dall’Autorità di Vigilanza. Anche perché, rileva l’ex presidente, lui e la sua famiglia fanno parte proprio di quella «pletora» che ha perso i risparmi. Per spiegare quanto accaduto all’istituto di Montebelluna occorre invece tenere in considerazione altri due fattori: la crisi economica che ha avuto ripercussioni immediate su una banca che aveva improntato la propria politica al sostegno costante all’economia e un nuovo sistema di vigilanza europea che ha posto attenzione, in misura superiore rispetto al passato, alle dotazioni di capitale delle banche.
Il ruolo del presidente.
Inquadrato il fallimento di Veneto Banca nel contesto economico nazionale e in quello istituzionale europeo, Trinca richiama l’attenzione su quelli che sono gli effettivi poteri della figura del presidente del Cda per cui «ha un ruolo non esecutivo ed è privo di deleghe». In sostanza Trinca, citando le disposizioni dello statuto e le relazioni della Consob, si chiama fuori. Un’argomentazione che l’ex presidente ha invocato anche in sede penale, davanti agli inquirenti romani. Ma se presidente e Cda non hanno poteri effettivi, di chi sono le responsabilità per il prezzo gonfiato delle azioni e per le operazioni baciate? Insomma per quelle attività che costituiscono il nucleo della richiesta danni?
Prezzo e negoziazione azioni.
Per quanto riguarda la fissazione del prezzo a 39,5 euro per azione (quando in realtà esso avrebbe dovuto essere pari a 0,10), Trinca ricorda che esso fu stabilito sulla base di pareri resi da esperti indipendenti (il professor Stefano Miani e il professor Angelo Provasoli) e che la proposta passò anche attraverso il Collegio sindacale che, appunto, diede parere favorevole. «Questi rilievi sarebbero già sufficienti ad escludere la responsabilità dei membri del Cda nel processo di determinazione del prezzo dell’azione», sottolinea nella memoria. E Trinca assicura il rispetto da parte della banca di tutti gli standard di diligenza. Quanto alla negoziazione delle azioni, fino al 2014 non ci furono problemi nel dare esecuzione agli ordini impartiti dalla clientela e solo successivamente - quando si manifestarono le prime difficoltà - si pose la necessità di dotare la Banca di una policy adeguata.
Baciate.
Trinca premette che i fatti contestati si riferiscono a un periodo in cui lui non c’era già più e, comunque, non sarebbe dimostrato il nesso causale in ordine al danno avuto dall’istituto. L’ex presidente entra poi nel merito e chiama in causa Consoli e Mosè Fagiani, rispettivamente direttore generale e commerciale dell’istituto. «L’operatività era interamente gestita dalla Direzione generale e dalla Direzione commerciale senza alcun coinvolgimento del Cda», ricorda l’ex presidente. E lancia un’accusa forte: «Le strutture commerciali della Banca, peraltro, hanno operato al di fuori di ordinarie procedure aziendali tenendo celate proprio agli organi di vertice le condotte poste in essere». Trinca cita una relazione Consob, secondo cui l’iniziativa delle lettere di rendimento garantito a favore di tre clienti «è stata concepita dalla Direzione generale (signori Consoli e Fagiani) in tutti i suoi elementi tipizzanti».
Argomenti:economia
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