L’assessora Colonnello: «Crescono le situazioni limite, ma Padova non è una banlieu»
L’assessore al sociale del Comune spiega gli interventi e i problemi nel contrasto al disagio: «Città straordinaria, i vari sottosegretari dovrebbero conoscerla. C’è un problema di posti letto che mancano: da anni ne chiediamo l’allargamento»

Sul caso del disagio in città, da cui nascono a volte situazioni violente, interviene l’assessora al Sociale, Margherita Colonnello.
Quali sono gli strumenti dell’amministrazione per aiutare queste persone?
«Partiamo da una considerazione: nelle città capoluogo e con stazioni di grande portata il fenomeno delle persone senza dimora è purtroppo endemico. Tra queste, si individua una parte che si trova in strada dopo rivolgimenti sociali e psicologici della propria esistenza; e una parte, sempre più consistente, di persone migranti che non sono state adeguatamente prese in carico dalle politiche di accoglienza del nostro Paese. Come Comuni lo diciamo da tanto: le persone non dovrebbero essere accolte in centri straordinari, dove ricevono poche attenzioni, ma dagli enti locali. Lo strumento c’è già: si chiama Sai e consente una presa in carico, anche sanitaria e psicologica, in grado di rendere autonoma una persona nel giro di sei mesi. A Padova è presente, ma i posti sono un decimo rispetto a quelli dell’accoglienza straordinaria. Da anni chiediamo al Governo di allargare la rete Sai».
Che tipo di interventi vengono fatti dalle associazioni che lavorano sul campo?
«Padova è una città straordinaria e per questo fa rabbia vederla descritta dai nostri rappresentanti istituzionali romani come una banlieu di Parigi. La realtà è ben diversa. Se i sottosegretari la conoscessero forse cambierebbero modo di parlare. Bisogna ammirare e portare rispetto per tutti i servizi pubblici che quotidianamente prendono in carico le persone in stato di marginalità e le centinaia di persone volontarie che sostengono la rete dei servizi, con un lavoro preziosissimo e spesso silenzioso fatto di solidarietà e amicizia. Questa è Padova: oltre venti realtà che si occupano di grave marginalità, un tessuto sociale solido che si prende cura degli ultimi e non li lascia indietro».
C’è stato un aumento delle situazioni di disagio?
«Purtroppo assistiamo negli anni a un aumento delle persone psichiatriche, come anche affermato dal direttore del nostro dipartimento di Salute mentale. Il settore socio-sanitario si sta interrogando sulle cause, ma nel frattempo dobbiamo avere cura degli effetti. È da anni che il Comune bussa alla porta dell’istituzione competente, ovvero la Regione, senza avere risposte: è chiaro che il disinvestimento progressivo nei Csm e nei Serd provoca degli effetti particolarmente visibili. Serve un piano regionale che rimetta al centro il socio sanitario e i servizi di salute mentale».
Il parlamento ha introdotto i medici di base per le persone senza fissa dimora.
«Questa è una novità molto positiva, rispetto alla quale ci stiamo attrezzando. Colgo l’occasione per ringraziare tutto il personale sanitario che presta il proprio servizio all’asilo notturno, alle cucine economiche popolari, con la Croce rossa, medici in strada e i tanti servizi di prossimità».
I cittadini sono preoccupati per gli episodi di violenza in città, che incidono sulla percezione della sicurezza.
«Si è verificato un episodio molto grave e voglio ringraziare le forze dell’ordine per l’operato. Come dice il nostro sindaco credo che la sicurezza sia un combinato disposto tra i necessari strumenti repressivi e un’attenzione sempre aperta nei confronti del sociale. Proprio oggi votiamo un bilancio che conferma, in una fase di gravi tagli voluti dal Governo, l’integrità del servizio sociale. Continueremo ad operare in strada, come già facciamo, ma con ancora maggiore determinazione per dare alle persone in difficoltà un’occasione di riscatto. È fondamentale il dialogo con le comunità straniere, che non vanno marginalizzate o etichettate ma, al contrario, rese sempre più responsabili nella costruzione comune della nostra città».
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