Bettin, cent’anni tra i pianoforti: «Fino a qui grazie alla passione»
Il negozio musicale è nato nel 1925 in via Dante: «Con i nostri strumenti hanno suonato i migliori, mio padre importò il primo Yamaha. Con Morandi si è creata un’amicizia vera»

“Bettin pianoforti” compie cento anni. Alberto Bettin, cosa rappresenta per lei questo anniversario?
«Una soddisfazione enorme».
Come è nata l’azienda?
«Mio padre ha cominciato da giovanissimo a frequentare una fabbrica di pianoforti, per imparare l’accordatura, la registrazione. Poi, nel 1925, ha deciso di avviare la sua attività. Il primo negozio è stato quello di via Dante, specializzato nella vendita di pianoforti e nell’assistenza ai concerti in tutto il Nord Italia. Mio papà era molto richiesto: veniva chiamato dai più grandi pianisti per preparare lo strumento prima delle esibizioni».
Poi vi siete evoluti.
«Certo, tutto è cambiato. Ricordo mio padre che consegnava i pianoforti con un carrettino, oggi ci sono i camion e persino macchinari che li trasportano su per le scale. Abbiamo ampliato l’offerta ad altri strumenti e aperto nuovi punti vendita. Io sono l’ultimo di cinque fratelli e porto avanti l’azienda da oltre quarant’anni».
Com’è cambiato il mercato degli strumenti musicali?
«In Italia il mercato è difficile. A differenza di altri Paesi, qui la musica non è insegnata a scuola come le altre materie. La percentuale di ragazzi che si avvicinano a uno strumento è molto bassa. Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato: le scuole hanno iniziato a mettere in mano uno strumento ai ragazzi. Chitarra, ukulele, glockenspiel, tastiere. Oltre al flautino».
Il prodotto più richiesto?
«Per molto tempo è stata la chitarra, ora vendiamo più ukulele».
I pianoforti però rimangono centrali.
«Sono il nostro primo amore e restano lo strumento principale. Ci chiamano da tutta Italia e anche dall’estero».
Lo strumento più bello che le è passato sotto mano?
«Abbiamo avuto pianoforti scelti da musicisti come Arturo Benedetti Michelangeli, uno dei più grandi al mondo. Erano strumenti davvero speciali. Da quarant’anni, abbiamo un rapporto importante con Yamaha. Pensi che il primo piano Yamaha in Italia lo ha importato mio padre. Svjatoslav Richter lo ha conosciuto grazie a lui. All’inizio non voleva nemmeno provarlo».
Lo strumento più costoso?
«I gran coda, arrivano a costare anche 200 mila euro».
Lei è anche musicista: quanto l’ha aiutata?
«Per fare questo lavoro serve una grande passione per la musica, altrimenti è davvero difficile. Per me non è solo lavoro: è il mio hobby preferito, anche se non ho mai studiato. Questo mi ha sicuramente aiutato nel rapporto con i clienti, a comprendere le loro esigenze».
L’arrivo dell’e-commerce ha cambiato il vostro modo di lavorare?
«Ci siamo in parte adeguati: abbiamo un nostro sito e riceviamo parecchie richieste. Ovviamente non possiamo competere con i colossi del settore. Per noi, le vendite online rappresentano circa il 20-25%. Ma personalmente, preferisco stare in negozio e parlare con le persone».
Cosa può dare in più un negozio fisico?
«Toccare con mano lo strumento, provarlo, è ancora fondamentale. E il rapporto umano è tutto: quando un cliente si fida del tuo consiglio è il massimo».
Momenti difficili?
«Ci sono stati. Durante il Covid è stata dura».
Paura di chiudere?
«Ci può sempre essere. Il settore è in crisi, lo vediamo a livello internazionale. Ma noi andiamo avanti e siamo abbastanza soddisfatti».
Negli anni, però, avete chiuso alcuni punti vendita…
«Sì, ma per motivi logistici. Il negozio di via Dante è rimasto aperto per moltissimi anni, ma alla fine lo abbiamo lasciato, così come quello in via Eremitani. I clienti facevano fatica a raggiungerci in centro, chiedevano un posto con parcheggio. Da quasi 15 anni siamo al secondo piano del Centro Giotto: 400 metri di esposizione e altri mille di magazzino».
Com’è Padova dal punto di vista musicale?
«Una città importante: ci sono tanti musicisti bravissimi, c’è un bel conservatorio. Siamo contenti di essere qui».
Vi occupate anche di noleggio per concerti. Sui vostri strumenti hanno suonato i più grandi.
«Direi quasi tutti i migliori pianisti in circolazione. Alcuni sono diventati amici».
A esempio?
«Posso citare il grandissimo Chick Corea, oppure Stefano Bollani. E Gianni Morandi: anche se non è pianista, è un musicista straordinario. Con lui si è creata una vera amicizia: ci si telefona, ci si vede. Gianni è una persona squisita».

Un cliente o un episodio a cui è legato?
«Ci sono stati tanti momenti belli, potrei scriverci un libro. Anzi, lo farò: per trasmettere la passione di tutti questi anni di lavoro».
Lei ha raccolto il testimone da suo padre, adesso lo sta passando a suo figlio…
«Il futuro è Giacomo: ha una grande passione, i clienti lo adorano. Per me è una gioia immensa».
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