Il Bo e Selvazzano uniti per Riccardo, la collega: «Un vuoto incolmabile»

Il sindaco Piron e la rettrice Mapelli in contatto con i familiari per delineare iniziative commemorative. La ricercatrice e amica dell’Inaf, Alice Lucchetti: «Coltivava un entusiasmo genuino per i suoi studi»

Costanza Francesconi, Edoardo Fioretto

Si rincorrono i messaggi di cordoglio, ancora increduli per la scomparsa, avvenuta martedì scorso in Alaska, del giovane ricercatore dell’Università di Padova Riccardo Pozzobon, sul ghiacciaio Mendenhall.

Il geologo planetario stava compiendo dei rilievi sul campo quando è caduto, fatalmente, in un ruscello ghiacciato. Dalla sua Selvazzano, il sindaco Claudio Piron riferisce di essere in contatto diretto con la rettrice dell’ateneo padovano Daniela Mapelli, le mura dove Pozzon era diventato ricercatore e, da poco, titolare del corso magistrale Digital Geological Mapping.

«La comunità di Selvazzano si rende disponibile per supportare la famiglia di Riccardo e l’università in qualunque iniziativa si deciderà di intraprendere, oltre che per ogni evenienza burocratica fosse necessaria, volendo organizzare momenti commemorativi dedicati alla splendida persona che era», chiarisce Piron. Il Dipartimento di Geoscienze del Bo, di cui Pozzobon era un’eccellenza nota oltre i confini italiani, è in dialogo con i familiari, così da poter soppesare assieme quali azioni portare avanti in sua memoria.

Geologo di 40 anni morto in Alaska durante la missione di ricerca
Riccardo Pozzobon

Ma Riccardo, che a casa in provincia di Padova lascia una compagna, il loro figlio piccolo, i genitori e sua sorella Patrizia, aveva stretto rapporti di stima professionale e amicizia sincera anche all’Agenzia spaziale europea (Esa) e all’Istituto nazionale di astrofisica – Osservatorio astronomico di Padova. «Era un ricercatore con un animo incredibilmente disponibile e buono, sempre pronto ad aiutare tutti in modo totalmente disinteressato» lo ricorda la collega e amica, la ricercatrice all’Inaf Alice Lucchetti.

«Abbiamo cominciato il dottorato assieme e, anche se in ambiti diversi, è subito nata complicità e collaborazione. Lavorativamente sarà difficile pensare di continuare senza di lui mentre, umanamente, lascia un vuoto incolmabile». Originaria di Bergamo, Lucchetti conosceva Riccardo dai tempi dell’università. Dopo la laurea in Astronomia al Bo e un dottorato in Scienze e tecnologie spaziali al Centro di ateneo di studi e attività spaziali, non lo aveva più perso di vista. «Ci eravamo sentiti poco dopo la sua partenza per l’Alaska e aggiornati di come stesse andando tutto bene», ricorda la ricercatrice. «Era solito condividere le sue conoscenze guidato dal genuino entusiasmo per il proprio lavoro. Ad ogni riunione c’era sempre la battuta, la chat pronta per ridere assieme. Abbiamo lavorato insieme in tema di superfici planetarie dei corpi del Sistema Solare, in particolare Mercurio, Marte e satelliti ghiacciati».

In Alaska, Riccardo aveva preso parte al progetto Gemini, finanziato dal National Geographic Program, che ha premiato la ricerca scientifica di Costanza Rossi, dell’Inaf di Padova, con lui sul Mendenhall assieme ad Alessio Romeo dell’associazione “La Venta – Esplorazioni”.

I tre indagavano il legame tra le fratture osservate nei ghiacciai dell’Alaska, in particolare dell’icefield di Juneau, tra i più estesi al mondo, e quelle presenti sulla superficie dei satelliti ghiacciati di Giove e Saturno, come Ganimede, Europa ed Encelado. Questi ultimi, noti quasi esclusivamente per immagini acquisite da sonde spaziali, per cui l’analisi di analoghi terrestri diventa fondamentale per comprendere i processi a scala più ridotta. Ecco che i ghiacciai diventano il laboratorio naturale ideale. —

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