Colpito da un morbo raro muore dopo due ricoveri

TREBASELEGHE. Quando il peggio sembrava passato, Ivano Libralato è morto, nella notte tra Natale e Santo Stefano. Sotto choc la famiglia del 49enne di Silvelle, che abitava in una villetta in via Ostiglia attigua alla casa di famiglia, morto mentre era ricoverato in ospedale a Treviso.
«Lunedì ci era andato per i controlli in seguito alla malattia che l’aveva costretto a 46 giorni di ricovero fino a inizio dicembre», racconta il fratello Walter, 55 anni, titolare con Ivano dell’impresa di lavori agricoli per conto terzi. «Il quadro clinico, secondo i medici, era positivo. Ma lunedì sera, rientrato a casa, mio fratello ha cominciato ad avvertire forti dolori allo stomaco». Riportato in ospedale a Treviso, l’uomo sembrava essersi ripreso.
«Il giorno di Natale diceva di sentirsi meglio». Nella notte, la morte. «Secondo un signore che assisteva il compagno di stanza, Ivano a un certo punto si è seduto sul letto e subito dopo è stato portato in Rianimazione». La famiglia attende ora l’autopsia per sapere la causa del decesso e per fissare il funerale. Libralato, che lascia la moglie Monica, un figlio di 11 anni e una figlia di 8, in agosto si era ammalato di pemfigo, una grave e rara dermatosi bollosa che gli aveva provocato eruzioni e bolle in gran parte del corpo, a partire dalla testa. «Dopo una settimana di ricovero a Camposampiero e di consulti privati è stato scoperto il pemfigo e Ivano è rimasto ricoverato a Treviso per 46 giorni. Rientrato a casa a dicembre, era molto debilitato ma poco prima delle dimissioni l’avevano sottoposto a una lunga serie di analisi. Non ci aspettavamo una fine così improvvisa e tragica». In casa, ieri, mentre la moglie era impegnata nelle pratiche dell’autopsia, la mamma di Ivano, Agnese, tra le lacrime lo ricordava: «Lunedì era passato qui e gli avevo preparato la pastasciutta. Non è possibile morire così». In attesa dei risultati dell’autopsia, che dovrebbe chiarire se la morte è legata alla grave malattia contratta a fine estate, i familiari lo descrivono come «un grande lavoratore: aveva ereditato dal padre Dino, morto 14 anni fa, la passione per il lavoro della terra, per le macchine agricole e soprattutto per le escavatrici. Quando la stagione agricola era ferma, andava ad aiutare le imprese di movimento terra con le escavatrici».
La malattia che aveva contratto attacca il sistema immunitario, il quale produce anticorpi che intaccano cellule, tessuti e organi; la causa scatenante non è ancora nota. Secondo recenti studi scientifici internazionali, gli autoanticorpi generati derivano da mutazioni degli anticorpi originali avvenute nel contesto della risposta a un altro antigene, probabilmente estraneo, come un virus o un batterio.
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