Il barista che a 89 anni non ha giorni di chiusura

Salvatore Coppola: il suo locale di via Riello, alla Specola, è sempre aperto. Anche a ferragosto
BARSOTTI - SALVATORE COPPOLA
BARSOTTI - SALVATORE COPPOLA

PADOVA. Da Ferragosto sino ad ieri, locali pubblici quasi tutti chiusi, ma non certo il bar-latteria di via Riello, all’ombra della Specola, gestito da Salvatore Coppola, 89 anni portati con grande classe, originario di San Lorenzo Maggiore, in provincia di Benevento.

Anche ieri don Salvatore si è alzato di mattina presto ed ha tenuto aperto il suo locale. Sempre all’opera per preparare il vero caffè alla napoletana con la macchina della ditta Spaziale. Un locale unico in città, dove il tempo sembra essersi fermato agli anni ’60. Mille souvenirs appesi al muro o custoditi sul bancone, tra cui un vecchio manifesto della Coca Cola, una macchina Gancia del 1902, ed un telefono pubblico che, naturalmente, nessuno usa più.

«Sono arrivato a Padova nel 1948, quando in città c’erano ancora i segni dei bombardamenti della guerra», racconta «Mi avevano offerto un posto in una fonderia dell’Arcella ma io, figlio di commercianti, ho scelto di aprire un chiosco di frutta e verdura nelle piazze. Poi sono arrivati un bar nei pressi della caserma Piave, dove venivano i soldati provenienti dal sud e quindi questo locale che ho tenuto aperto ogni santo giorno dell’anno nonostante i problemi di salute che si porta dietro mia moglie, custodita da una brava badante». Ed ancora: «Mi sono sposato, dopo tre anni dal mio arrivo a Padova, con Mafalda, una donna delle mie parti, e nelle ore libere mi sono anche divertito. Da giovane, ero veramente un bravissimo ballerino di liscio, specializzato in tango e valzer. Ero iscritto al Circolo Familiare Patavino ed ero un assiduo cliente del locale Primavera Dancing, all’Arcella. Da decenni abito alla Sacra Famiglia ed ho sempre tenuto tanti amici, tra cui i fratelli Gino, Leonardo, Roberto e Mario Labadessa, che abitavano a pochi metri dalla mia casa».

65 anni a Padova e tra i padovani. «Sinora tutto è andato bene. Qui mi vogliono bene perché vedono che ho una grande passione per il lavoro. Naturalmente la mia terra me la porterò sempre nel cuore. A San Lorenzo sono ancora proprietario della casa di famiglia, con nove stanze. Non vedo l’ora di tornare a bere un buon caffè nel bar della piazza».

 

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