Il figlio del killer dell'Università: «Mio padre è lontano, non farà più male»

PADOVA. Annamaria Rizzetto e Samuele Molon, rispettivamente ex moglie e figlio di Mariano Molon, il “killer dell’università” come è stato ribattezzato il tecnico dell’ateneo da quella mattina del 5 marzo 1999, continuano a voler rimanere nell’ombra e a non parlare di ciò che è accaduto ormai più di 18 anni fa. «Non voglio essere messo in mezzo, né io né nessun altro a me vicino in questo brutta storia» dice garbato Samuele Molon che, oggi, ha 42 anni e non vive più a Padova, ma da tempo si è trasferito a Roma. Forse a spingerlo ad allontanarsi dalla vita di prima proprio quel folle gesto compiuto dal padre che, per paura di un provvedimento disciplinare (l’ennesimo, ne aveva già alle spalle una ventina) fece irruzione alla facoltà di Ingegneria con una pistola Manurhin 7,65. Nella sede del Dipartimento di fisica, in via Bassi, era stata convocata una riunione per discutere la situazione professionale di Molon, all’epoca 45 anni, rissoso con tutti e pigro. Lui si presentò con la pistola e sparò, uccidendo il sindacalista Cgil Walter Maccato, 51 anni; ferendo il professor Francesco De Ponte, 60 anni, direttore del Dipartimento finito in coma irreversibile e spirato il 22 marzo 2005, e il tecnico Antonio Bezze, 51 anni, morto il 14 giugno 2006 dopo una serie di interventi resi necessari in seguito alle lesioni subite. L’unico a salvarsi, il professor Cesare Bonacina, vice di De Ponte.

Il figlio di Molon smentisce il fatto che il padre, scarcerato dopo 18 anni, voglia tornare a vivere a Conselve, nella Bassa Padovana, suo paese di origine. «Non succederà nulla di tutto questo» continua, «io e mia madre lo gestiremo distante da Padova, in modo che tutti possano vivere con tranquillità e serenità». Samuele Molon, che al tempo della tragedia era uno studente iscritto a Economia e Commercio all’università di Bologna, ma al momento impegnato nel servizio di leva nel corpo degli Alpini a Brunico, non manca di ricordare le vittime del gesto messo in atto da suo padre: «Mi dispiace molto per tutte le famiglie coinvolte. Credo che il silenzio di mio e di mia madre sia la risposta più significativa che si possa dare». A Conselve in pochi conoscevano Mariano Molon, descritto dai più come un tipo schivo, irascibile, che non dava confidenza a nessuno. Una persona che se ne stava sempre rintanata in casa. Viveva in una villetta bianca a due piani, che all’epoca divideva con gli anziani genitori e il figlio Samuele. La moglie, Annamaria Rizzetto, viveva invece a Padova. I due erano separati da tempo, ma pare si frequentassero ancora. Molon non coltivava rapporti con i vicini e neppure con i compaesani. Di lui si ricordano solo la mole, di un uomo grande e grosso. E le tapparelle del primo piano della villetta sempre abbassate.
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