Il fotografo che dà vita alle ville venete, oggi

Marco M. Zanin raccoglie fondi per una mostra e un libro
Di Paolo Coltro

di Paolo Coltro

La parola magica è crowdfunding, il “finanziamento dalla folla”. Magica fino a un certo punto, qui in Italia, perché la sua base è la fiducia, e tutti sanno come nel Belpaese sia merce rara. Non si può essere tutti Barack Obama e chiedere sovvenzioni per la campagna presidenziale. Ma qualcuno, complice la giovane età e un pizzico di idealismo con i piedi per terra, ci prova. Come Marco Maria Zanin, padovano ventottenne, fotografo che guarda il suo territorio e ogni tanto butta lo sguardo oltre Atlantico, specie in Sudamerica.

Ha lanciato il suo messaggio di crowdfunding per un progetto che cova da tempo, illimitato nelle aspirazioni, proteso nel tempo ed economicamente alla portata: le ville venete nel contemporaneo.

Ma le ville venete non sono già state documentate ad abundantiam? Anche no, per la verità, e poi Zanin spiega: «Voglio rompere il luogo comune che vede le ville solo come monumenti, vorrei tornare allo spirito di Bepi Mazzotti, che le vedeva soprattutto come patrimonio culturale, ricchezza interiore, estetica per tutti. E se ci riesco, vorrei raccontarle attraverso la mia poetica». Un discorso culturale che nasce nella concretezza: il business plan, insomma il preventivo, prevede un piccolo capitale di 7 mila e 500 euro, il risultato finale decine e decine di foto che diventeranno una mostra, o più mostre, probabilmente un libro. L’idea di fondo è essenzialmente culturale, «per questo non cerco fondi dalle istituzioni, ma ho scelto il finanziamento dal basso». Perché il fine di Marco Zanin sta in gran parte in quella parola, “contemporaneo”. Vuole «avvicinare l’orizzonte estetico che ha originato le ville venete al nostro». Cioè fare un’indagine attuale, che recuperi valori magari dimenticati , dice, «e consideriamo sempre meno bellezza e armonia. E invece queste categorie devono tornare nella nostra vita».

Una lezione recuperata dal passato, ma nel suo nucleo ideale, passando sopra ai tumultuanti cambiamenti dell’economia, al territorio mangiato, alle classi sociali rivoluzionate, per approdare ad un “senso” ancora percepibile. Che è essenzialmente estetico e la cui percezione deve diventare sociale: se non i muri, il messaggio insito nelle ville venete deve tornare ad essere un valore condiviso. Vedi mai che serva: a chi organizza il territorio, a chi costruisce, finalmente a chi abita o cerca di abitare.

Un mezzo sogno venato di new age, e Zanin non disdegna, perché quando piazza il suo banco ottico nella terra di un campo, o in mezzo alla nebbia per cercare la sua poetica, altri pensieri volano oltre la fotografia, ma in fondo la sostengono. Il suo modo di vedere il mondo ha già partorito cose pregevoli: la sua serie “Cattedrali rurali”, immagini catturate con sognante fatica nelle campagne padovane, ha avuto un notevole successo (una foto è finita, anzi è cominciata, in un museo privato d’arte contemporanea di Dubai), i collezionisti si sono accorti di lui.

Questo progetto sulle ville venete avrà reminescenze del lavoro precedente, ma sarà completamente scevro di retorica. Le fotografie sa. ranno ancora fatte con il banco ottico: fatto fare su misura in Cina, con lenti tedesche scelte da lui, maneggevole e leggerissimo, legno e acciaio. Niente dorsi digitali, si va a pellicola: a colori, anche questa tedesca, quasi introvabile, nello chassis due immagini per volta che poi verranno scansionate in digitale. Ma Zanin adopera anche una vecchia Polaroid anni ’60 a soffietto, che ovviamente sforna copie uniche. Insomma, non la fa facile, il giovane fotografo, pronto anche a ricerche certosine per la carta da stampa, fors’anche sui tessuti da stampa.

Ma se questa è la tecnica bruta, ben ammantata di originalità, accanto scorre l’idea fotografica: che è appunto quella di una visione contemporanea del modello villa veneta. Ha già scelto i soggetti? Lo sta facendo: «Ci saranno i classici, le icone, ma mi interessano soprattutto le ville minori. Voglio ritrarre le ville nei dettagli, farò dei dittici, dei trittici».

A sentirlo, farà le cose in grande, letteralmente: anche stampe di due metri per uno e sessanta. Tutto bello, tutto intelligente: ma perché dare denaro a un giovane fotografo, con quale scopo? «Si partecipa di un messaggio culturale, si è parte di una visione e di un messaggio», dice Zanin, che elenca i risultati certi e quelli sperati: ci sarà una mostra itinerante in numerose ville, l’ospitalità al Premio Minosse di Architettura, magari l’accoglienza alla prossima Biennale Architettura, oltre che materiale per i convegni su paesaggio e territorio, e immagini a disposizione delle Università.

Una visione che lotta contro il calendario: la scadenza per i contributi è il 6 febbraio, tutto è scritto e spiegato sul web, nel sito www.indiegogo.com, (indicando nello spazio per la ricerca “ville venete”). Finora sono stati raccolti 1500 euro, cioè il 20% del capitale, con alcune presenze significative: come i 500 euro di Fabio Castelli, uno dei maggiori collezionisti italiani nonché inventore del Mia, il salone della fotografia di Milano. C’è il sostegno, con il presidente Alberto Passi, dell’Associazione Ville Venete e dei Giovani del Fai. All’Istituto Regionale Ville venete è stata spedita una comunicazione, ma non è arrivata risposta.

Il crowdfunding di Marco Maria Zanin è un misto tra il “reward-based” e il “donation-based”: nel senso che per i contributi più corposi c’è qualcosa in cambio: una polaroid, quindi copia unica, firmata e incorniciata, oppure una fotografia, oppure un ritratto individualizzato. Tutto questo serve a finanziare quattro mesi di lavoro interamente dedicati al progetto. Naturalmente, mostre e prestiti a parte, gli originali resteranno a Zanin, che proverà a invogliare i collezionisti: magari quelli arabi, visto che uno sceicco è arrivato a farsi ricostruire la Rotonda in mezzo al deserto.

Ma il discorso ville venete andrà oltre i quattro mesi finanziati dal basso: «Voglio lavorarci almeno quattro o cinque anni», dice Zanin, che ha in programma soggiorni annuali in Brasile, magari, ma che non vuole «andare in America, voglio restare a lavorare sul nostro territorio. Vorrei diventare voce narrante del Veneto».

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