IN CONCORSO / Dalle terrazze di Merzak Allouache per guardare l’Algeria che cambia tra violenze, contraddizioni e speranza

i Ultimo film in concorso, “Les terrasses” di Merzak Allouache non delude le aspettative di chi si attendeva uno sguardo curioso sul mondo maghrebino, in particolare su un paese difficile come l’Algeria. Ed è un mondo visto dall’alto, profondamente scosso e attraversato da violenze reiterate e diverse.
Da cinque terrazze, si incrociano anche solo per un attimo cinque storie che spiegano molte cose su conservazione, oscurantismo e slanci di apertura del mondo algerino di oggi. Siamo nella capitale, la bianca Algeri della casbah e del lungomare, in cui la skyline è scandita dai canti del muezzin nei cinque momenti della preghiera quotidiana. Un panorama che una troupe vuole riprendere, ma incappa in alcuni banditi che stanno torturando un uomo che non vuole firmare un certo documento; un gruppo musicale tenta invano di evitare la violenza su una donna che avviene nella casa di fronte; un balordo accampato su un’altra terrazza intanto cerca di gestire il tutto come un suo feudo. Nelle altre due si percepiscono gli echi della storia: d’un lato un reduce della lotta di liberazione dalla Francia vive autosegregato in una gabbia non si sa perché, ripetendo ossessivamente storie di guerra, mentre una donna violentata dai terroristi islamici di vent’anni addietro vive con la madre e il figlio su un altro edificio che però il proprietario vuole sgomberare. In ognuna di queste storie e di queste terrazze compare la morte, intersecando la speranza di nuovo che si percepisce dalle intenzioni di Allouache: e per antitesi il canto finale di una festa di matrimonio invita a non pensarci e a vivere spensieratamente. La realtà distesa e serena che si vuole accreditare è ancora distante: il caos vitale della casbah risale verso le terrazze, mutando di segno e assumendo un valore molto drammatico. Voto: ***
(mi.go.)
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