Ispettore delle Volanti di Padova condannato per peculato e falso

Pena ridotta in appello a un anno e sei mesi. Il poliziotto non aveva dichiarato a verbale i soldi e le dosi di cocaina recuperate nel giubbotto di un fuggitivo

Cristina Genesin
Il tribunale di Padova
Il tribunale di Padova

Era stato condannato per i reati di peculato e falso omissione in primo grado a due anni e due mesi di carcere un ispettore delle Volanti di Padova, ormai prossimo alla pensione.

Il processo d’appello ha ridotto la pena a un anno e sei mesi grazie al pieno riconoscimento delle cosiddette attenuanti generiche: a difenderlo l’avvocato Michele Godina. Che cosa era accaduto? Aveva fermato un sospetto spacciatore che, divincolandosi, era riuscito a scappare. Ma nelle mani dell’ispettore era rimasto il suo giubbotto con soldi e qualche dose di cocaina. Soldi e cocaina che sono spariti dal verbale del poliziotto finendo nelle sue tasche.

I fatti risalgono a due anni fa quando il poliziotto è in servizio con un giovane collega nelle Volanti e sta perlustrando il territorio. In particolare l’attenzione della pattuglia si focalizza nell’area intorno alla stazione ferroviaria. L’auto di servizio percorre via Tommaseo quando i due notano un sospetto spacciatore. Gli agenti si precipitano fuori dalla macchina e inseguono un giovane che viene preso per il giubbotto.

Ma, più veloce dei due poliziotti, quest’ultimo, si sfila l’indumento e scappa facendo perdere ogni traccia. In realtà si sarebbe trattato di una “vecchia conoscenza”, un habitué delle forze dell’ordine che vive di piccoli traffici di sostanze stupefacenti. Così il capopattuglia resta con quel giubbotto tra le mani. E, sorpresa: nelle tasche vengono trovati soldi (probabilmente provento della compravendita di droga) e alcune dosi di cocaina. Le regole di servizio prevedono per ogni intervento la stesura di un verbale.

«Non ti preoccupare, faccio io» risponde il capopattuglia al collega più giovane che, poi, scopre come dal verbale sia sparito qualunque riferimento a soldi e cocaina risultando menzionato solo il giubbotto. Rispettoso ai principi deontologici del mestiere, l’agente si rivolge al capo della Squadra mobile e racconta l’accaduto. Parte l’inchiesta coordinata dal pm Sergio Dini, l’ispettore viene indagato e perquisito, soldi e droga recuperati. La sua giustificazione? «Non ho dichiarato nulla perché quei soldi e la droga li avrei infilati nella tasca dello spacciatore che ci è sfuggito al prossimo incontro per incastrarlo». Ma non è stato creduto. E comunque non sarebbe stato un comportamento accettabile per la giustizia. 

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