La Sic celebra i 30 anni tra migranti e tribù

di Alberto Fassina
La Settimana della critica, rassegna collaterale alla Mostra del Cinema che da anni propone le più interessanti opere prime della cinematografia mondiale, quest’anno festeggia la trentesima edizione, e per l’occasione verrà riproposto “Orphans” di Peter Mullan, una delle scoperte più belle di questi anni. «Abbiamo chiesto a tutti gli iscritti al sindacato critici cinematografici di segnalarci tre titoli» spiega Francesco Di Pace, direttore della Sic. «L’idea era quella di fare un bilancio di tutti questi anni. La scelta è ricaduta su Peter Mullan, un autore che nel 1997 folgorò il pubblico del Festival con il suo sorprendente “Orphans”, e nel 2002 approdò al concorso ufficiale vincendo il Leone d’oro con “Magdalene”. Ma tra i titoli più votati ci tengo a segnalare “Tutta colpa di Voltaire” di Abdel Kechiche, regista poi di “Cous Cous”, Gran premio a Venezia e “La vita di Adele”, Palma d’oro a Cannes, ma anche “La ragazza del lago” di Andrea Molaioli, un grande successo anche di pubblico, o altri titoli come “Mondo Grua” di Pablo Trapero o “Dèsordre” primo film di Oliver Assayas».
Peter Mullan ha raccolto l’invito per essere presente al Lido il 3 Settembre, mentre in chiusura ci sarà “Bagnoli Jungle” di Antonio Capuano, un autore che la Sic scoprì nel 1991 grazie al suo “Vito e gli altri”: «Capuano torna ai temi a lui cari, quelli del suo territorio, Napoli, Bagnoli, attraverso il racconto di tre generazioni raccontato in modo semi documentaristico con una cifra stilistica decisamente libera e anarchica».
Quest’anno sarete voi ad aggiudicarvi la presentazione del film più lungo con “Jia” del regista cinese Shumin, 4 ore e 20 minuti.
«Per fortuna ci siamo imbattuti in quest’opera a selezione conclusa, altrimenti ci avrebbe messo in crisi perché avrebbe rischiato di scompaginare il palinsesto del concorso. Abbiamo chiesto al regista di far parte ugualmente della Settimana della critica dedicandogli una sorta di pre-aperura il 2 settembre. Il film racconta la Cina contemporanea, la sua modernizzazione e il conflitto tra la dimensione del regime comunista e la globalizzazione economica che sta interessando il paese. Malgrado la durata, si vede tutto d’un fiato».
Spesso alla Sic sono passati film che hanno avuto la forza di attrarre il pubblico e la simpatia del Festival. Quest’anno quale titolo si accredita a diventare la sorpresa?
«In questa edizione non ci sono commedie, per cui la scommessa è più difficile. Diversi lavori sapranno farsi voler bene dagli spettatori perché parlano un linguaggio universale utilizzando registri consolidati, provenendo però da territori cinematografici inediti. Penso a un film girato in Nepal, “Khalo Pothi”, la storia di due bambini che vivono la loro infanzia all’interno di uno scenario drammatico come quello della guerra civile che sul finire degli anni ’90 interessò quella zona. Ma soprattutto segnalo “Tanna”, una pellicola australiana ambientata in una isola del Pacifico. Una sorta di Romeo e Giulietta, interpretata dai membri di una tribù locale. Contiamo nella presenza al Lido dell’intero cast, sarebbe veramente un evento».
Tra i vostri titoli c’è anche un film italiano, “Banat” di Adriano Valerio. L’Italia quest’anno è stata molto presente nei palinsesti dei festival; voi che lavorate molto con le opere prime come valutate questo momento?
«Spesso la selezione delle opere prime lascia un po’ di amaro in bocca. Ma in questo caso invece siamo particolarmente felici perché Adriano Valerio è veramente un grande talento. Racconta una storia di migrazione al contrario. Lo sguardo di questo giovane autore ci è sembrato inconsueto e quindi molto interessante».
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