Le cinque cose da sapere sul caso Sesa

Il potere di un’azienda cresciuta a dismisura, l’efficacia dei controlli, il business dell’economia circolare: oltre lo “scandalo Fanpage” 
Este, (PD), 11 giugno 2019. Nella foto: l'ingresso degli uffici SESA in via Ponticello.
Este, (PD), 11 giugno 2019. Nella foto: l'ingresso degli uffici SESA in via Ponticello.

ESTE. Scandalizzarsi, arrabbiarsi, dubitare, rassegnarsi: le reazioni di fronte all'inchiesta di Fanpage sulla Sesa di Este possono essere molteplici, ma possiamo cercare di svolgere anche alcuni ragionamenti. Qui ne proponiamo cinque.

Potere. L’impianto al centro dell'inchiesta può smaltire sino a 500 tonnellate al giorno di rifiuti, in particolare “organico” e “verde”. Ricevendo rifiuti, incassa in base al peso. Guadagna anche in uscita producendo compost, biogas ed energia elettrica.

Un affare d'oro. D'altronde quale azienda in Italia potrebbe impegnare 300mila euro per una campagna di comunicazione? Un'azienda che vive a ridosso del pubblico, divenuta troppo grande per fallire, come le grandi banche, ma anche troppo grande per essere controllata, troppo influente per subire sanzioni.

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Autorizzazioni. La Regione ha la responsabilità di aver lasciato che si accentrasse in unico soggetto una concentrazione così importante di risorse e potere in un settore delicato e di interesse pubblico con evidenti implicazioni ambientali e di salute.

Nota l'avvocato Matteo Ceruti che esiste un “modello veneto” dell’amministrazione dell’ambiente dove «l’apparato amministrativo-burocratico regionale, (è) caratterizzato da sorprendenti concentrazioni di potere, meccanismi e prassi di subordinazione al potere politico di delicati organi di alta consulenza tecnica, sino a situazioni di conflitto di interesse, per così dire, 'istituzionalizzate'».

La Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha documentato come tra il 2000 e il 2014 un alto funzionario della Regione ha rilasciato autorizzazioni integrate ambientali per impianti di gestione dei rifiuti che non possedevano i requisiti di legge. Una vicenda – per dirla con le stesse parole della Commissione parlamentare – che «si inserisce in un contesto di illegalità diffusa, di controlli insufficienti e di carenze sanzionatorie, di cui costituisce la cartina di tornasole».

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Controlli. L'aveva scritto di Sesa a chiare lettere il sindacalista Salvatore Livorno nel suo libro denuncia: «Un’azienda impeccabile, sotto tutti i punti di vista, ma in realtà, al di là dei controlli burocratici che riguardano soprattutto la documentazione che accompagna i rifiuti, nessuno controlla effettivamente ciò che viene scaricato dai tir».

Gli enti locali segnala Livorno dovrebbero esercitare sulla partecipata il cosiddetto “controllo analogo”, lo stesso che l’ente esercita sui propri uffici, partecipando agli organi direttivi della società, cosa che in realtà non accade mai e ciò rende il controllo dell’ente del tutto inefficace. «Il controllo degli enti pubblici, essenziale data la natura del servizio, è oggi del tutto inefficace e va radicalmente ripensato» conclude Livorno.

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Belluco Bacino Padova Tre - raccolta e riciclaggio rifiuti. Nella foto: Sesa - Este, il compost derivato dalla lavorazione dell'umido Reportage discarica


Le mafie. Angelo Mandato potrebbe anche essersi rotto le scatole che gli venga continuamente rinfacciato come sia stato socio di Sandro Rossato nella Rossato Fortunato srl e che Rossato, nel corso degli anni, abbia creato una rete di società operanti nel settore dei rifiuti stringendo rapporti con imprese private e pubbliche anche legate alla 'ndrangheta.

Ma il tema più generale, aldilà delle relazioni coltivate da Mandato in passato, comunque non penalmente rilevanti, è che assistiamo al crescente indebolimento degli enti locali che faticano a relazionarsi autorevolmente con il soggetto privato.

I privati sanno della debolezza del comune e hanno perciò un potere contrattuale molto forte. Nota Vittorio Martone: «esternalizzando porzioni crescenti delle utilities e delegando importanti funzioni pubbliche ai privati in aziende a «capitale misto», gli enti locali rischiano sempre più di mostrare il fianco alla criminalità organizzata di tipo ecomafioso». Una tendenza che porterebbe «alla normalizzazione dell’attore mafioso nella governance del territorio, considerato come stakeholder (più o meno occulto) della politica ambientale».

Modello. Se Sesa chiudesse domani, molti Comuni Ricicloni, campioni del virtuoso modello veneto di gestione dei rifiuti, sarebbero in ginocchio. In realtà il modello veneto ha i piedi d'argilla: i rifiuti vengono raccolti in modo differenziato (oltre il 70%), ma servono impianti diffusi che possano avviare la materia a una nuova vita.

L'economia circolare ha bisogno di impianti: controllati, trasparenti, diffusi. Servirebbe una politica in grado di misurare e selezionare gli interventi predisponendo strumenti sensati di programmazione che contengano indirizzi, obiettivi strategici, indicazioni concrete, strumenti disponibili, riferimenti legislativi e normativi, opportunità finanziarie, vincoli, obblighi e diritti per i soggetti economici operatori di settore, per i cittadini. Servirebbe.
 

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