Le tangenti per i permessi pagate anche nei corridoi della questura

Scaltri. E senza scrupoli, anche se più di qualcuno, nei rispettivi profili Facebook, faceva rimbalzare il solito stornello “stop agli immigrati, case agli italiani”. Eppure a ricevere tangenti da immigrati senza alcun diritto ad ottenere la regolarizzazione, non si facevano problemi. Per primo l’ arrestato, il sovrintendente capo Renzo Dalla Costa.
Tangenti in questura. I soldi non puzzano. E gli affari sporchi dei sette poliziotti finiti sotto inchiesta per corruzione, falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, si consumavano negli uffici e nei corridoi della questura (massimo schiaffo all’istituzione simbolo della legalità) perché in quel limitato perimetro mettevano in tasca le tangenti, prezzo reclamato per distribuire permessi di soggiorno o ricongiungimenti familiari costruiti a tavolino, a uso e consumo di chi entrava in Italia senza controlli. Alla faccia dell’allarme terrorismo, come ribadito dal gip Margherita Brunello nell’ordinanza che ha spedito dietro le sbarre Dalla Costa. Ma secondo quei poliziotti la richiesta degli stranieri di trasferirsi nel nostro Paese, era solo una questione di soldi: bastava pagare, mille euro per un singolo, 2 mila euro (sconto famiglia) in caso di più persone dello stesso nucleo. Guadagno immediato e diretto in contanti grazie alle mazzette per poliziotti e mediatori cinesi.
I professionisti. Ottimi guadagni garantiti dalle parcelle moltiplicate dal buon esito di tanti procedimenti addomesticati per i professionisti coinvolti, l’abogado (qualifica professionale conquistata in Spagna) Sara Soliman, con studio in via Avanzo 45, già a processo per gli stessi reati (avvocato Stefano Sartori), e l’avvocato Caterina Bozzoli, con studio in via Trieste 49 e residente a due passi dalla questura (avvocato Massimo Munari), già incappata all’attenzione di qualche altra procura per questioni relative all’immigrazione. L’avvocato Bozzoli era riuscita in un bel colpo: taroccare una regolarizzazione con l’adozione di due fratelli cinesi trentenni da parte di un padovano di 52 anni. Interrogato dagli inquirenti, l’italiano aveva ammesso di aver firmato le carte predisposte dalla legale. Soldi a palate tramite parcelle pure per il commercialista Piergiuseppe Meneghello (difensore l’avvocato Federica Doni), uno studio in via Verdi con 16 dipendenti (tra cui cinesi) e una linea telefonica “dedicata” solo a chi parla la lingua del continente asiatico. Professionista che ha in mano il mondo cinese dell'intero Nordest, Meneghello avrebbe utilizzato società con un doppio binario di attività, lecite e illecite. Quest’ultime consistevano nella produzione di finti contratti sia di lavoro a tempo indeterminato sia di tirocini formativi. Con i primi l’ingresso in Italia era garantito, con i secondi (strumento previsto dalla normativa sull’immigrazione per ottenere un periodo di regolarizzazione transitorio funzionale a un successivo e stabile inserimento nel mercato) si consentiva la permanenza legale in Italia. In realtà si trattava di tirocini-fantasma, contratti di carta straccia. E chi collaborava in questa attività? Alcuni consulenti, tra cui uno legato allo Studio Unico srl Centro elaborazione dati con sede nel Centro China Ingross in corso Stati Uniti 1, società che gestisce le scritture contabili della maggior parte dei commercianti con negozi, stand o box nella Chinatown padovana. Tra i 22 indagati, la titolare (italiana) di una scuola accreditata con la questura, specializzata nell’organizzazione di corsi di lingua italiana (scuola non più attiva): rilasciava le false attestazioni che certificavano la perfetta conoscenza della lingua italiana da parte dei cinesi regolarizzati dietro il pagamento di mazzette.
Il capostipite del malaffare. Prima di lasciare l’Ufficio Immigrazione nel 2011 per la Divisione Anticrimine, il sostituto commissario Vito Pacifico aveva affidato la sua “preziosa” eredità a Capuzzo e Dalla Costa: un portafoglio di clienti e di contatti nel mondo cinese, una serie di dritte sulle modalità operative. Eppure per anni, tra malattie e aspettative, era stato lontano dalla questura vivendo in Montenegro per seguire attività economiche sulle quali sono in corso accertamenti. Durante le 42 perquisizioni di lunedì a Pacifico sono state sequestrate una ventina di schede Sim; a un cinese indagato 40 Rolex che sembrano autentici. Tra gli indagati, la fidanzata del mediatore cinese Xinmiao Chen.
L’arrestato. Anche Dalla Costa risulta impegnato in diverse attività economiche. Già socio al 50% della Giglio Immobiliare con Fidenzio Celegato (fratello del collega della Squadra Mobile Filippo Celegato, indagato per rivelazione di segreti d’ufficio avendo avvertito Dalla Costa dell’inchiesta), risulta gestire attività immobiliari a Tonezza del Cimone (Trentino). Ora è caccia al tesoretto di Dalla Costa, quantificato in almeno 200 mila euro. Di privilegio assoluto i suoi rapporti con la comunità cinese: la figlia è l'unica italiana iscritta nella scuola cinese dell'Arcella che, per statuto, è aperta solo a cittadini dagli occhi a mandorla.
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