L'«esplosione» del falò della Befana
Due morti e decine di feriti in via Forcellini

L’eliporto privato nel parco della sede della Compagnia delle Opere
Anticipiamo uno stralcio del capitolo sul «rogo della Befana».
L a catastrofe della morte sacrificale e del sangue immacolato. L'Apocalisse che esplode in un angolo del cantiere dell'impresa edile di riferimento. Il rogo «pagano» della Befana che fa strage nel cerchio della fraternità. Una festa di famiglia tramutata in lutto, dolore, disperazione. E il «miracolo» della rimozione collettiva: donne, uomini, bambini stigmatizzati dalla vecia (che miete vite e corpi nella vigna dei ciellini) in un incubo che solo chi ha attraversato può trasportare come fardello. Lunedì 5 gennaio 1998, data scolpita a lettere di fuoco. Sul più bello della festa con i bambini eccitati e i genitori felici, improvvisamente la devastante esplosione. Il falò della Befana miete il peggior disastro immaginabile. Come se fosse scoppiata una bomba ad orologeria. L'Apocalisse che mette in croce la fraternità ciellina di Padova è un flagello senza annuncio. Alla vigilia dell'Epifania, nessuno può evitare l'inspiegabile castigo. Nell'angolo del cantiere, una rivelazione detonante mette tutti in ginocchio. Tempo sospeso in una parentesi improvvisa, finché scatta l'urlo di dolore delle vittime. Morte e sangue. Corpi straziati e occhi spaesati. Voci disperate dentro una scena di guerra, nell'odore inconfondibile della desolazione. La catastrofe rigurgitata dal falò della vecia, in via Forcellini. Come se il pugno di una mano invisibile mandasse di colpo all'aria le tessere del domino. Un tuono gigantesco senza il minimo lampo. La deflagrazione di una «bomba» che conficca schegge a grappolo e proiettili di legno nel cuore di gente inerme. La guerra dentro casa, il terrore nel cortile dei giochi, la morte che piomba l'innocenza. Una parabola che non si rintraccia nei testi sacri. L'Apocalisse che mette in croce tutta Cl. Una storia evocata, mai più riletta dall'inizio alla fine. L'inimmaginabile maledizione ricondotta a misericordia, carità, miracolo. Prima avrebbe dovuto essere la solita festa della famiglia allargata. Il tradizionale raduno intorno alla pira che regala l'ultimo scampolo di gioia natalizia. Intorno alle ore 20 si radunano adulti, ragazzi, bambini. Ci si stringe intorno al falò. Petardi e fuochi d'artificio riscaldano il cuore in un angolo di città fredda. (...) Il falò è un «cono» di tre metri di diametro con un'anima invisibile: le taniche di benzina e kerosene. Sono 80 litri di serbatoio, la santabarbara eterea e congelata. Poco dopo le 21 si dà fuoco alla Befana, ma la pira è una camera di scoppio, satura di vapori combustibili. Nessuno sa di essere a pochi passi dalla «bomba». Basta innescare la miccia, avvicinando la lingua del fuoco ai vapori gassosi. L'esplosione fa tremare l'intero quartiere. Accesa la pira, il «timer» è azzerato. E non produce un «botto», perché nell'aria risuona lo schianto al suolo di un aereo. Si sente in tutta la zona est di Padova. E nel cantiere di via Forcellini lo spostamento d'aria è micidiale. Vola tutto, dal basso verso l'alto. Le porte della pira atterrano nel campo vicino. Le schegge sono veri e propri proiettili. L'onda d'urto non risparmia nessuno. (...) Il primo bilancio è terrificante: sei feriti gravi, in terapia intensiva; un'altra trentina ricoverati o medicati; moltissimi bambini in ospedale.
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