L’ex latitante rimpatriato «Proverò la mia innocenza»

ARZERGRANDE. È rientrato l’altro giorno con un volo Miami Venezia, con scalo a Madrid. Dopo oltre tre anni Ivone Sartori, cinquantaduenne ex gioielliere oggi immobiliarista, ha attraversato l’oceano e ha rimesso piede nella sua abitazione a Vallonga. Quando a febbraio è stata revocata la misura di custodia cautelare in carcere, e di conseguenza il decreto di latitanza, il primo pensiero è stato quello di riabbracciare quanto prima la famiglia.
Com’è stato rientrare?
«Mi sono sentito un po’ spaesato. Tre anni è un tempo molto lungo. Ti abitui a guardare la realtà in modo diverso».
La prima cosa che ha fatto?
«Riabbracciare mia madre, con la quale ho un rapporto molto forte essendo l’unico figlio. In questi anni ci siamo sentiti quotidianamente. Poterci riabbracciare è tutta un’altra cosa. Ho ricongiunto a pranzo tutta la famiglia».
L’anno scorso è venuto a mancare suo padre…
«Non esserci stato è il mio rammarico più grande. Ha sofferto molto per la mia situazione».
In paese, ha trovato qualcosa di diverso?
«Sinceramente mi sembra che il tempo si sia fermato. Non ho notato cambiamenti, tutto sembra cristallizzato, a partire dalla situazione economica».
Le viene contestato, nell’ambito dell’indagine “Operazione Miami” l’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e al reinvestimento con l’aggravante della transnazionalità. È pronto per il processo?
«Credo si risolverà tutto in una bolla di sapone. Inizialmente mi si contestava un’evasione di 15 milioni di euro che ora si è ridotta a poco più di un milione. Dimostrerò la mia innocenza. Le accuse cadranno com’è successo per l’archiviazione dell’accusa di vendere Rolex falsi».
Ha già sentito le persone che con lei sono coinvolte in questa storia?
«Il gruppo, dall’inizio delle indagini, si è diviso in due. C’era chi voleva comunque continuare con gli investimenti e chi, come me, ha preferito bloccare tutto per evitare di esporre ulteriormente il fianco».
Che cosa porta con sé, fino ad ora, di quello che le è accaduto?
«La facilità di distruggere l’immagine di una persona che finisce per riflettersi anche in danni per le attività a lui riconducibili. L’ho già notato negli sguardi della gente del posto che non sa bene cosa pensare. Saprò comunque riabilitarmi. C’è poi l’aspetto economico. Bloccando le mie attività, ho perso la possibilità di guadagnare cifre consistenti. Chiederò di essere risarcito».
Per oltre tre anni lei è stato classificato come un “latitante”. Che effetto fa? Ha mai pensato di rientrare?
«La mia è stata una latitanza particolare perché il mio indirizzo era dichiarato. Ho sempre comunicato spostamenti e cambi di residenza. Qualche mese prima che si scatenasse la bufera ero stato colpito da un infarto e sono stato operato. I medici, come prova la documentazione presentata, mi avevano vietato di volare. Poi non sono più rientrato per non finire in carcere da innocente».
Ora cosa farà?
«Mi sto mettendo in moto per rivedere certe cose che la lontananza mi ha fatto perdere di vista. Continuerò a curare l’attività a Miami, sono in collegamento costante con i miei collaboratori. Ho la residenza permanente negli Usa e sono in attesa della cittadinanza. Ci stiamo preparando per l’udienza preliminare, rimarrò in Italia fino alla fine del processo».
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