Il Cuamm compie 75 anni, nel ricordo di don Luigi

Proprio nei giorni in cui il Cuamm celebra il suo compleanno, vengono ricordati i dieci anni dell’addio di don Luigi Mazzucato. Un’esistenza spesa per gli altri, fu direttore dell’organizzazione per oltre mezzo secolo

Francesco Iori
Don Luigi Mazzucato in Africa
Don Luigi Mazzucato in Africa

Non aveva la minima idea di dove stesse entrando e di che futuro lo aspettasse, don Luigi Mazzucato, quel giorno dell’autunno 1955 mentre varcava la soglia del Collegio universitario aspiranti medici missionari, all’epoca insediato al civico 18 di via Galilei a Padova.

Aveva 28 anni, e il vescovo Girolamo Bortignon gli aveva affidato la guida dell’istituzione, nata pochi anni prima: «Non ne sapevo praticamente niente, se non che esisteva solo per sentito dire».

La prima cosa che lo colpì fu una scritta che spiccava sulla vetrata: “Euntes curate infirmos”, la frase evangelica con cui Cristo dà ai suoi discepoli il mandato di scendere in strada a occuparsi di chi soffre. A quell’invito don Luigi avrebbe dedicato anima e corpo per oltre mezzo secolo trascorso da direttore del Cuamm, fino al 2008.

Era nato a Creola, frazione di Saccolongo, nel gennaio 1927, quarto dei nove figli di una famiglia contadina, terra di robuste radici cattoliche. Rimasto orfano di padre, era stato tirato su a fatica e fede da mamma Teresina, cui rimase profondamente legato.

Entrato in seminario da ragazzo, venne ordinato sacerdote nel 1950, l’anno in cui nasceva il Cuamm; cinque anni dopo si trovò a doverlo prendere per mano e condurre a una lunga, faticosa, stupefacente crescita. Piccolo di statura, mite, refrattario ai primi piani, possedeva in realtà un’anima di ferro, capace di farlo navigare in mezzo a difficoltà di ogni tipo conquistandosi il consenso delle persone: era uno a cui non si riusciva a dire di no, neanche quando chiedeva le cose più impegnative.

Il suo tratto esteriore era il nero di quell’abito ecclesiastico e quel berretto che indossava in ogni occasione; ma dentro aveva i colori dell’arcobaleno, suggerisce il suo successore alla guida del Collegio, don Dante Carraro: caratterizzato “dai colori armoniosi e intensi di una personalità ricca di vita”.

Partendo praticamente da zero, ha fatto del Cuamm una casa costruita sulla roccia. Sotto la sua direzione, sono partiti per l’Africa a “curare infirmos” oltre mille medici e trecento tra infermieri e tecnici, consolidando una presenza oggi articolata in nove Paesi, in cui oggi gestisce 21 ospedali e 940 strutture sanitarie.

E l’Africa stessa è diventata casa sua: ci è andato di persona in oltre cento missioni, superando il traumatico impatto iniziale, sentendosi straziato dentro di fronte alla fame, alla miseria, alla morte, alla sofferenza; ma ha sempre saputo reagire con la forza della fede e il coraggio di un’umanità condivisa con gli ultimi.

Il suo intero operato si è svolto all’insegna di un principio da lui più volte ribadito: «Poveri ma liberi, non condizionati dalle convenienze, guardando solo dove maggiori sono le sofferenze e le necessità, mossi dalla ricerca della verità perché è la verità che fa liberi, secondo lo Spirito del Signore, che è Spirito di libertà». E ha fatto sì che il Cuamm marciasse a testa alta sulle proprie gambe, superando ostacoli da sesto grado.

Ha continuato a farlo con tenacia e passione fino all’ultimo giorno, quando nel 2008 l’età l’ha indotto a passare il testimone a don Dante Carraro; ma anche dopo ha dedicato all’istituzione i suoi giorni, con grande spirito di servizio, fino a quel 26 novembre 2015, quando si è spento a 88 anni di età. E proprio nei giorni in cui il Cuamm celebra i suoi 75 anni di vita, vengono ricordati i dieci anni dell’addio di don Luigi.

Ha lasciato scritto nel suo testamento: «Nato povero, ho sempre cercato di vivere con il minimo indispensabile; non ho nulla di mio e nulla da lasciare». Se ne è andato in punta di piedi, fedele allo spirito della sua creatura: povero, ma libero.

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