Il Cuamm compie 75 anni, nel ricordo di don Luigi
Proprio nei giorni in cui il Cuamm celebra il suo compleanno, vengono ricordati i dieci anni dell’addio di don Luigi Mazzucato. Un’esistenza spesa per gli altri, fu direttore dell’organizzazione per oltre mezzo secolo

Non aveva la minima idea di dove stesse entrando e di che futuro lo aspettasse, don Luigi Mazzucato, quel giorno dell’autunno 1955 mentre varcava la soglia del Collegio universitario aspiranti medici missionari, all’epoca insediato al civico 18 di via Galilei a Padova.
Aveva 28 anni, e il vescovo Girolamo Bortignon gli aveva affidato la guida dell’istituzione, nata pochi anni prima: «Non ne sapevo praticamente niente, se non che esisteva solo per sentito dire».
La prima cosa che lo colpì fu una scritta che spiccava sulla vetrata: “Euntes curate infirmos”, la frase evangelica con cui Cristo dà ai suoi discepoli il mandato di scendere in strada a occuparsi di chi soffre. A quell’invito don Luigi avrebbe dedicato anima e corpo per oltre mezzo secolo trascorso da direttore del Cuamm, fino al 2008.
Era nato a Creola, frazione di Saccolongo, nel gennaio 1927, quarto dei nove figli di una famiglia contadina, terra di robuste radici cattoliche. Rimasto orfano di padre, era stato tirato su a fatica e fede da mamma Teresina, cui rimase profondamente legato.
Entrato in seminario da ragazzo, venne ordinato sacerdote nel 1950, l’anno in cui nasceva il Cuamm; cinque anni dopo si trovò a doverlo prendere per mano e condurre a una lunga, faticosa, stupefacente crescita. Piccolo di statura, mite, refrattario ai primi piani, possedeva in realtà un’anima di ferro, capace di farlo navigare in mezzo a difficoltà di ogni tipo conquistandosi il consenso delle persone: era uno a cui non si riusciva a dire di no, neanche quando chiedeva le cose più impegnative.
Il suo tratto esteriore era il nero di quell’abito ecclesiastico e quel berretto che indossava in ogni occasione; ma dentro aveva i colori dell’arcobaleno, suggerisce il suo successore alla guida del Collegio, don Dante Carraro: caratterizzato “dai colori armoniosi e intensi di una personalità ricca di vita”.
Partendo praticamente da zero, ha fatto del Cuamm una casa costruita sulla roccia. Sotto la sua direzione, sono partiti per l’Africa a “curare infirmos” oltre mille medici e trecento tra infermieri e tecnici, consolidando una presenza oggi articolata in nove Paesi, in cui oggi gestisce 21 ospedali e 940 strutture sanitarie.
E l’Africa stessa è diventata casa sua: ci è andato di persona in oltre cento missioni, superando il traumatico impatto iniziale, sentendosi straziato dentro di fronte alla fame, alla miseria, alla morte, alla sofferenza; ma ha sempre saputo reagire con la forza della fede e il coraggio di un’umanità condivisa con gli ultimi.
Il suo intero operato si è svolto all’insegna di un principio da lui più volte ribadito: «Poveri ma liberi, non condizionati dalle convenienze, guardando solo dove maggiori sono le sofferenze e le necessità, mossi dalla ricerca della verità perché è la verità che fa liberi, secondo lo Spirito del Signore, che è Spirito di libertà». E ha fatto sì che il Cuamm marciasse a testa alta sulle proprie gambe, superando ostacoli da sesto grado.
Ha continuato a farlo con tenacia e passione fino all’ultimo giorno, quando nel 2008 l’età l’ha indotto a passare il testimone a don Dante Carraro; ma anche dopo ha dedicato all’istituzione i suoi giorni, con grande spirito di servizio, fino a quel 26 novembre 2015, quando si è spento a 88 anni di età. E proprio nei giorni in cui il Cuamm celebra i suoi 75 anni di vita, vengono ricordati i dieci anni dell’addio di don Luigi.
Ha lasciato scritto nel suo testamento: «Nato povero, ho sempre cercato di vivere con il minimo indispensabile; non ho nulla di mio e nulla da lasciare». Se ne è andato in punta di piedi, fedele allo spirito della sua creatura: povero, ma libero.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova








