PADOVA. «Pa-dò-va, Pa-dò-va/tu sei il mio grande amore/a-more, ...

RIPETEREMO QUESTO SPETTACOLO?. La risposta è: no, ma quasi. Per il semplice fatto che a Torino i tifosi in curva erano duemila, mentre questa volta a duemila non ci si arriva. Però siamo certi che i tifosi saranno ancora una volta l’uomo in più di questo bellissimo Padova: incitando sempre la squadra e cantando tutto il repertorio, a partire da «Tu sei il mio grande amore» (e leggi sotto che canzone è).
RIPETEREMO QUESTO SPETTACOLO?. La risposta è: no, ma quasi. Per il semplice fatto che a Torino i tifosi in curva erano duemila, mentre questa volta a duemila non ci si arriva. Però siamo certi che i tifosi saranno ancora una volta l’uomo in più di questo bellissimo Padova: incitando sempre la squadra e cantando tutto il repertorio, a partire da «Tu sei il mio grande amore» (e leggi sotto che canzone è).
 
PADOVA.
«Pa-dò-va, Pa-dò-va/tu sei il mio grande amore/a-more, a-more/Ti seguiremo sempre/per sempre, per sempre/e per l'Italia intera/intera, intera...». Eccolo qua, il motivetto che regna sovrano in tribuna Fattori e fa ormai da colonna sonora ai playoff 2011 del Calcio Padova. E' saltato fuori dopo il derby di Cittadella tra i ragazzi della curva, è cresciuto un po' alla volta, e adesso, a furia di sentirlo rimbalzare nelle orecchie, lo canta praticamente lo stadio intero.
 Tre-quattro volte a partita. O anche di più. Come s'è udito benissimo all'Euganeo durante Padova-Varese. Meglio del popopopooopo azzurro-mondiale di qualche anno fa. O di «Go West» dei
Pet Shop Boys
(ma originariamente la canzone era dei
Village People
), il famosissimo riff del 1993 che, riaggiornato all'epoca in «Alè/forza Padova, alè/forza Padova», era diventato praticamente l'inno del tifo biancoscudato negli anni della serie A.  
Sixties.
Stavolta però altro che il 1993. Qui bisogna andare indietro fino al 1962, o se preferite ai Faboluos Sixties, i «favolosi Sessanta», visto che di Inghilterra si tratta. Sì, perché il ritornello che fa impazzire la Fattori ha finalmente anche qui un nome e un cognome. Quello di «Chariot», la canzone, e di
Petula Clark
, la cantante britannica che con i suoi 70 milioni di dischi venduti nel mondo è considerata in un sondaggio tra i sudditi di Sua Maestà la «singer» più popolare di tutto il Novecento. Sua la voce e il testo che (tradotto in italiano) diceva: «La terra, la terra, la terra/sarà senza frontiere/la terra la terra/Ci porterà fortuna/la luna, la luna/Per noi sarà il domani/se m'ami, se m'ami...».  
Juke box.
Il bello è che la Clark, che oggi è una simpatica signora di 79 anni, «Chariot» lo aveva pubblicato inizialmente in francese spopolando le classifiche dei dischi più venduti in Francia e in Belgio, e poi l'aveva proposta anche in italiano con lo stesso titolo. Sempre in italiano c'è anche una versione più briosa e fortunata, portata alla ribalta l'anno dopo, il 1963, da
Betty Curtis
, la cantante lanciata da
Teddy Reno
gettonatissima nei juke box. Bei tempi. E pazienza se buona parte della Fattori doveva ancora nascere.  
L'ultima stella.
Ma di che parla la canzone? Di un carro («Chariot», appunto), che «se verrai con me, sul mio carro fra le nuvole (ti porterò) più avanti del caldo del sol, sull'ultima stella lassù». Bella suggestione, non c'è che dire. Anche perché l'immagine calza a pennello con il volo magico del Padova. Quale carro può venire in mente, difatti, se non il Carro Biancoscudato con alle redini l'auriga Dal Canto? E quale potrebbe essere quell'«ultima stella lassù», se non appunto la stella della promozione in serie A? Fosse davvero così, il coro dei tifosi sarebbe un'intuizione quasi paranormale. Bisognerebbe indagarci su. Magari, e chi lo sa?, chiamando a fine campionato sotto la curva anche Petula Clark.

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