Padovanelle nel buio del degrado

PONTE DI BRENTA. L’albergo-ristorante Le Padovanelle, considerato un tempo una delle più belle strutture ricettive del Veneto, che negli anni ’90, è stato anche il quartier generale dell’ex governatore Giancarlo Galan, rischia di entrare in un degrado irreversibile. Ubicato sul lato est dell’ippodromo, oggi gestito dal Gruppo Coppiello, da dieci anni è in stato di abbandono generale.
Sia gli spazi che erano del ristorante, dove ha lavorato anche l’attuale contitolare del locale pluristellato Le Calandre, Erminio Alajmo e dove hanno cenato, in passato, anche tantissimi politici, tra cui Flaminio Piccoli, Tony Bisaglia, Mariano Rumor e Carlo Bernini e numerosi imprenditori, tra cui i Benetton e anche cantanti famosi, e sia le camere dell’hotel rischiano di non poter più essere recuperati perché, tra pochi anni, cadranno a pezzi da soli. Attualmente, dopo un lungo contenzioso con Franco Grassetto, proprietaria anche della struttura alberghiera è la Fondazione Breda.
L’hotel ristorante è stato messo in vendita, come d’altronde l’intero ippodromo, impianti sportivi compresi, per un valore complessivo di 14 milioni di euro, ma, sino ad oggi, nessuno ha dimostrato un interesse concreto per l’acquisto. Solo sopralluoghi fugaci sul posto senza mai andare avanti con una trattativa vera e propria. Gli ultimi a dimostrare un interesse concreto all’acquisto sono stati, tre anni fa, alcuni imprenditori veronesi, dei quali , però, si sono già perse le tracce. «Non sarà una vendita facile» sottolinea l’avvocato trevigiano Fabio Crea, commissario straordinario della Fondazione Breda, «sia l’intero ippodromo che l’albergo-ristorante in questione sono delle strutture bellissime, ma, ormai, lo sanno tutti che sul 70% degli immobili interni, pesano i pignoramenti e le ipoteche delle banche. In tutti i modi la porta della Fondazione Breda è sempre aperta. Chi è interessato ad un eventuale acquisto non deve far altro che mettersi in contatto con noi. Magari ci fosse un acquirente già nei prossimi mesi. Sarei più che soddisfatto».
Felice Paduano
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