Prigioniero ricordato dalle figlie

CODEVIGO. Ci sono pagine di storia locale finite nell’oblio. A ricordarsele ormai sono in pochi, solo i più anziani del paese. La maggior parte delle generazioni successive invece ne ignora l’esistenza e neppure ne ha mai sentito parlare.
Una di queste è datata 1943 e riguarda il campo di prigionia Pg 120/8, più comunemente identificato come il campo della “Fogolana”, in quanto circoscritto all’interno dell’azienda agricola del barone Gastone Treves de Bonfili, nella proprietà che oggi può localizzarsi a Conche, in via Valcittadella al civico 5.
I campi lavoro in Italia erano circa una settantina e in essi vi erano stati racchiusi qualcosa come 80 mila soldati britannici, fatti prigionieri tra il 1941 e il 1942 durante i combattimenti in Africa Settentrionale. Nella provincia di Padova vi erano ben 18 distaccamenti e in quello della Fogolana erano alloggiati 60 prigionieri neozelandesi impiegati in lavori agricoli sotto la sorveglianza di soldati italiani. Forza lavoro utilizzata nei campi e nelle stalle in sostituzione dei braccianti italiani impegnati al fronte.
Qualcuno a Conche ancora se li ricorda questi soldati stranieri, per averci lavorato insieme nei campi o per averli visti la domenica, scortati dai soldati italiani, raggiungere a piedi la chiesa per partecipare alla messa. Molti di loro più che la fame, patirono un mestiere a cui non erano minimamente preparati. Il campo di lavoro durò dal marzo del 1943 sino all’Armistizio 8 settembre, quando nel caos generale, anche i prigionieri di Conche si avventurano in una grande evasione di massa.
Molti dei fuggitivi furono però catturati dai tedeschi e inviati ai lager, mentre altri, grazie soprattutto al coraggio e all’aiuto di molte famiglie del posto, riuscirono a nascondersi fino alla Liberazione o raggiungere la salvezza in Svizzera e in Italia Meridionale occupata dagli alleati. Di 60 uomini se ne salvarono solo 13. Tra questi il caporal maggiore neozelandese Jemes Artur Clarke del 22esimo battaglione di fanteria, che una volta rimpatriato, sino alla sua morte avvenuta nel 1953, non smise mai di citare la “Fogolana” e la sua gente nei racconti alle tre figlie.
Un luogo di fantasia per le tre sorelle ormai anziane diventato però realtà. Nei giorni scorsi, infatti, Brenda, Leonie e Geraldine Clarke hanno fatto visita ai luoghi di prigionia del padre. Ad accoglierle, insieme al sindaco Graziano Bacco, gli organizzatori: Andolfo Zamboni, ingegnere padovano, che scavando tra gli archivi del nonno partigiano è riuscito a risalire e a contattare le figlie del soldato, e Gianni Pozzato che, in quanto appassionato ed esperto di storia locale, ha identificato i luoghi dove si sono svolti i fatti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova