Rapine con spray al peperoncino a Padova: identificato il capo della gang

Si tratta di un 20enne di origini senegalesi. Ha guidato due aggressioni: in stazione e in centro storico

Edoardo Fioretto
Alcuni equipaggi della Squadra Volanti durante un controllo in zona stazione
Alcuni equipaggi della Squadra Volanti durante un controllo in zona stazione

Due rapine in rapida successione, efferate nella loro essenza, ai danni oltretutto di vittime minorenni. Una in stazione, il 10 marzo, la seconda in centro, nemmeno ventiquattr’ore dopo.

Dalle indagini delegate dalla procura si è stretto il cerchio intorno a D. B., 20 anni, originario del Senegal, considerato il capobanda del gruppo di giovanissimi teppisti con un piede nella microcriminalità.

L’accusa è quella di rapina in concorso, aggravata dall’uso della violenza. Prerogativa infatti delle vicende è stata quella dei pesanti pestaggi inferti alle vittime, che non sono state risparmiate dall’uso di spray al peperoncino.

La prima è avvenuta nel quartiere della stazione, dove già altri fatti simili si sono verificati nelle ultime settimane. Alcuni dei complici del ventenne sarebbero tra gli autori di un pesante pestaggio – preludio di una fallita rapina – ai danni di un rider pachistano in via Foscolo.

Anche in quel caso i ragazzini – che hanno tra i 15 e 16 anni – avevano fatto uso dello spray al peperoncino. Il motivo? Futile come spesso accade in città: volevano la cena gratis.

E la futilità, unità alla violenza, è il legante comune di questi episodi tanto efferati quanto difficili da prevedere – e quindi contrastare.

Il primo pestaggio in stazione

Lunedì 10 marzo, appunto, zona stazione. Il ventenne si stava aggirando insieme ad altri ragazzini, quattro o cinque, tutti di origini africane. Non è chiaro come sia stata individuata la vittima, ma ad un certo punto della passeggiata il gruppetto deve avere notato un potenziale bersaglio.

È un ragazzino come loro, minorenne. Dopo averlo braccato per le stradine alle spalle di via Tommaseo lo hanno accerchiato e qui è iniziata la violenza.

Arrivano i primi spintoni, che diventano schiaffi, poi pugni e – quando ormai la vittima è atterrata – persino calci. Il bottino è magro come sempre, una sigaretta elettronica. Valore di mercato non superiore ai sessanta euro, venti se usata.

Anche meno di dieci se di un modello obsoleto. Ma secondo gli inquirenti non starebbe nel tirar su un facile guadagno che la banda ha messo a segno la rapina. E infatti non si smentiscono il giorno dopo.

La strada in cui si svolge il secondo atto per cui D. B. è indagato è via Giovanni da Verdara. Non distante si trova l’istituto alberghiero Leonardo Da Vinci. Nello stesso posto è accaduto un fatto violento tra ragazzini appena ventiquattrore dopo, quando tre bulle (di cui due minori) hanno aggredito un paio di studentesse all’uscita da scuola.

Pretesto futile anche in quel caso: sarebbe stato un commentino pronunciato da una vittima sulla reputazione del fidanzatino di una delle assalitrici. E la vendetta è stata servita a suon di botte.

Bulli in centro storico

Martedì 11 marzo, centro storico. Il ventenne senegalese è sempre in compagnia dei suoi sgherri. Si è aggirato finché non ha trovato la sua vittima, in via Giovanni da Verdata appunto. Anche in questo caso è un minorenne.

E così D. B., di qualche anno più grande, ha la possibilità di usare la sua superiorità fisica per sottomettere l’impaurito bersaglio. Anche in questo caso la dose è rincarata dall’aggressione in gruppo. Incasso della giornata per i bulli sono venti euro.

Quanto basta per un giro di hamburger per tutti in un fast food commerciale. Forse ci sta anche una porzione di patatine extra.

Nei due casi le vittime hanno sporto denuncia e gli interventi sono stati effettuati, nelle diverse situazioni, dalle volanti della Questura e dai carabinieri. Si tratta di episodi che di anelano in una lunga lista di rapine commesse da ragazzini – ai danni di altri ragazzini – con modalità sempre più violente, e per bottini sempre più magri.

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