Sorella-mamma di tre ragazzi «Ho finalmente una famiglia»

La terribile infanzia di Jessica Gialdisi, 25 anni, raccontata in un libro premiato Segnata da lutti, ha ottenuto in affidamento i tre fratelli: «Ho trovato la luce»

CONSELVE

«Mi chiamo Jessica Gialdisi, ho 25 anni, e sono la mamma affidataria, felice, dei miei fratelli»: si presenta così una ragazza a cui l’infanzia è stata rubata da un dramma familiare. Per anni ha vissuto nel dolore finché, grazie ad una notevole forza d’animo e all’amore di chi le era rimasto accanto, ha deciso di afferrare il timone della propria vita e realizzare il suo sogno più grande, costruire una vera famiglia, insieme ai suoi fratelli ancora bambini.



Quando tutto sembrava crollare intorno a lei, dopo aver visto la sua famiglia disgregarsi a causa della droga, dopo i lutti, il dolore che si è manifestato in disturbi alimentari, Jessica ha scelto la vita: si è diplomata con il massimo dei voti all’istituto alberghiero di Adria e pochi mesi dopo è diventata mamma di una bambina. In seguito, grazie all’appoggio del suo fidanzato e dei nonni, ha trovato il coraggio di intraprendere un percorso impegnativo, aiutata dai Servizi sociali, che l’ha portata ad ottenere, due anni fa, l’affidamento dei suoi tre fratelli, una femmina di 14 anni e due maschi di 13 e 11. «Alla mia sorellina, quando aveva tre anni, avevo promesso che non li avrei mai lasciati soli, che li avrei sempre protetti», ricorda Jessica. «Ora ho la famiglia che ho sempre sognato. L’affido familiare è un grande gesto d’amore, alla portata di tutti».

La giovane mamma-sorella affidataria ha raccolto la sua storia di sofferenza e di rinascita nel libro “Vorrei essere stata bambina”, in libreria in questi giorni, dopo aver vinto, ex aequo, il primo premio del concorso narrativo dell’associazione “Ema Pesciolino Rosso”, che si occupa appunto di dare aiuto ai genitori e alle famiglie in crisi. «Ho deciso di raccontare la mia storia nella speranza di donare speranza e forza per reagire a chi si trova in difficoltà. Sono cresciuta in una famiglia in cui entrambi i genitori erano tossicodipendenti, spesso lontani, rinchiusi in comunità. I miei nonni paterni, i miei angeli custodi, si presero sempre cura di me. Mia madre poi se ne andò e mio padre si trovò un’altra compagna, dalla quale ebbe tre figli, ma i drammi in famiglia continuarono. Fu lei, la madre dei miei fratelli la prima a morire di overdose a 33 anni. Un anno dopo mia madre si suicidò, mentre mio padre è scivolato via, nonostante abbia cercato in tutti i modi di salvarlo. La vita mi ha tolto tutto, ma fu allora che nacque in me la necessità di ascoltare e vivere il mio dolore. Di fronte a questi avvenimenti tragici ho scelto di prendere le redini della mia vita, ho trovato il coraggio di chiedere aiuto e di abbandonare paure e vergogna. Ho ritrovato la luce». —



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