Tremila avvocati a Padova ma stipendi d’oro per pochi

La Cassa Forense padovana è la più numerosa del Veneto, seguita da Verona Il presidente dell’Ordine Rossi: «Oggi solo i più bravi e motivati fanno strada»

PADOVA. Con quasi tremila iscritti, la Cassa Forense di Padova è la più pingue del Veneto: 1. 522 donne – che hanno conquistato la maggioranza già da qualche anno – e 1. 418 uomini. Seguono a distanza Verona, con circa 2. 500 iscritti, e poi Treviso e Venezia, che si fermano a poco più di duemila.

 

Ma l’apparente “ricchezza” del foro cittadino è solo nei numeri: se è vero, infatti, che di avvocati ce n’è in grande quantità, è vero anche che per molti di loro sono tempi duri, anzi, durissimi. I redditi di peso se li spartisce appena il 7 per cento degli iscritti, che ancora possono vantare guadagni invidiabili. Per tutti gli altri si va da un onesto stipendio da professionista (la media è intorno ai 49 mila euro l’anno, da cui vanno tolti i contributi alla Cassa Forense, le spese di una segretaria, un codice aggiornato, la toga e gli spostamenti per raggiungere clienti e tribunale) alle briciole che spettano ai più giovani.

«Sicuramente» commenta il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Padova, Francesco Rossi, «il tempo delle rendite di posizione è finito. Chi si aspetta che l’accesso alla professione sia il punto d’arrivo e non di partenza, immaginando lauti guadagni, è destinato a cambiare lavoro in poco tempo. Il numero degli iscritti è molto alto, ma i giovani iniziano spesso senza guadagnare nulla e poi raggiungono in media poco più di mille euro al mese. La situazione è anche più grave per quanto riguarda le donne: il dato positivo è che dal punto di vista numerico hanno raggiunto e superato la parità, ma i loro stipendi sono sensibilmente più bassi. Se associamo questo dato alla progressiva proletarizzazione della professione, il quadro è davvero a tinte fosche. Credo comunque» conclude Rossi, «che gli spazi per chi vuole dedicarsi all’avvocatura ci siano ancora. Certo, non per tutti: riusciranno a farsi strada i più bravi, motivati e appassionati».

La crisi della professione, forse unita ad altri fattori, ha sicuramente avuto un peso anche sul crollo degli iscritti alla Scuola di Giurisprudenza dell’Università di Padova, ormai ai minimi storici. Le possibilità per i laureati, tuttavia, sono piuttosto variegate: «Sui numeri negativi» ricorda Pietro Bean (Studenti per – Udu), «incide forse la mancanza di un adeguato orientamento: con la laurea in Giurisprudenza non si diventa solo ed esclusivamente avvocati, ma si accede anche ai concorsi europei e a molte opportunità nell’ambito internazionale. Quanto al mercato “legale” sappiamo che il civile è ormai completamente saturo».

«Credo che la maggior parte degli studenti, al momento dell’iscrizione a Giurisprudenza, non abbiano ancora un chiaro progetto per il futuro e certamente le scelte individuali non si discutono, ma forse gioverebbe a molti sapere che entrare in uno studio non è la loro unica possibilità. D’altro canto» continua Bean, «sarebbe necessaria una normativa precisa riguardante la figura dei praticanti, che si trovano in una condizione molto delicata: sono a tutti gli effetti lavoratori, ma ancora in formazione. Per loro non ci sono tutele né tariffe minime, indispensabili per garantire la sostenibilità economica a chi, dopo aver ottenuto il titolo di studio, affronta questo passaggio necessario per accedere alla professione».

 
 

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