Vigili del fuoco, una vita senza paura: «Ogni uscita per noi è un’emergenza»
L’adunata, il briefing e poi via con gli interventi in provincia. L’ispettore: «Mestiere tosto, ma non farei altro al mondo»

Il pompiere paura non ne ha, nemmeno della settimana di Ferragosto. Perché, che sia un motto o uno stile di vita, i vigili del fuoco veglieranno sulla città anche la settimana di ferie estiva per eccellenza.
Incendi, soccorsi a persone, interventi a incidenti: la centrale operativa è sempre attiva – e non potrebbe essere altrimenti – per rispondere alle chiamate dei padovani in difficoltà.
«Certo, non lavoriamo solo sulle emergenze o sulle calamità», spiega Andrea Marcon, caposquadra esperto (qualifica meritata dopo anni, appunto, di esperienza).
Molti interventi, frutto di una routine al quale i pompieri sono ormai abituati, riguardano attività che richiedono più doti di problem solving che di vero e proprio coraggio. «Il nostro lavoro è risolvere i problemi, qualunque essi siano, non crearli», chiarisce Marcon, ricordando il suo passato di elettricista che in più di qualche occasione gli ha permesso di salvare la giornata.
E allora, che sia un ascensore bloccato, una fuga di gas, un nido di calabroni costruito nel posto sbagliato, loro sono pronti veramente a tutto. Come testimonia d’altronde l’ampio equipaggiamento in dotazione.
Un passo indietro. Mentre molti dei padovani che sono in ferie si trovano incolonnati in autostrada per l’esodo alle località turistiche, o stesi sul divano a godersi il «dolce far niente» tra gelato e maratone di serie tv, i pompieri continuano con la routine. Imperterriti nelle loro responsabilità, come vuole il loro mestiere.

Il briefing mattutino
Tutto inizia nell’atrio principale del comando provinciale di via San Fidenzio, dove ogni mattina, alle 8 in punto, scatta l’adunata e il debriefing con il riepilogo degli interventi della notte, le incombenze, imprevisti (spesso compagni della professione) e le operazioni in corso.
Martedì mattina il punto prevedeva un incendio ad alcune rotoballe di fieno a Este (risolto dai pompieri del distaccamento locale dopo diverse ore), una ricerca e soccorso a Cadoneghe, e un ascensore bloccato (c’è anche questo nella routine) in centro storico. Tocca allora al funzionario di guardia del turno entrante, l’ispettrice Adriana Fiorentin, assegnare le unità ai vari interventi.
«Non c’è una vera priorità quando usciamo per una chiamata di soccorso, sono tutti codici rossi fino a prova contraria», spiega il dirigente con funzione di vicecomandante Salvatore Esposito. «In meno di due minuti», aggiunge, «siamo in grado di uscire con una aps (auto pompa serbatoio, ndr) pronto per quasi qualsiasi tipo di intervento che potremmo trovarci a dover affrontare».
Quando a disposizione è presto elencato dal caposquadra esperto Marcon.

L’equipaggiamento
Si parte dalle basi. Manichette e ugelli per domare anche gli incendi peggiori sono quanto più elementare tra i dispositivi delle aps, che comunque sono attrezzati per una moltitudine di scenari. «Le autobotti hanno tra 2.200 e 2.800 litri di capacità di acqua», spiega Marcon.
Non tutti gli incendi si domano con l’acqua, però. «Se si tratta di legno, va bene. Ma per le fiamme che si sviluppano da fabbriche o auto», aggiunge, «può rendersi necessario l’impiego di schiume antincendio. Quelle di oggi non contengono Pfas, e sono per il novanta per cento biodegradabili».
Mentre prosegue il racconto, il piazzale del comando si riempie di veicoli. Sono quelli di prima e seconda uscita (ossia le aps che devono essere sempre pronti all’azione), oltre ad autoscala – per raggiungere gli edifici fino al terzo piano – e, infine, l’autogrù che serve per lo più a spostare le auto dopo gli incidenti, o i ceppi di alberi di grossa taglia quando piombano in strada, per esempio, dopo i temporali.

Pronti a tutto
Sempre dall’aps, il caposquadra esperto estrae un cassetto. Si trovano un divaricatore e un set di cesoie pneumatici, dal peso di circa dodici chili l’uno.
«Sono strumenti che usciamo in caso di incidenti», spiega Marcon, «e servono per farci strada tra le lamiere dei veicoli per cercare di estrarre gli automobilisti». Da un altro cassetto, piomba poi un Flir, termocamera che aiuta i pompieri a individuare l’origine degli incendi anche quando il fumo è troppo denso. E ancora motoseghe, tute stagne per le operazioni nei fiumi, salvagenti, cuscini pneumatici, rilevatori di gas.

Operazioni sul campo
Gli interventi per i vigili del fuoco non sono mai ordinari.
Rimedi e acciacchi sono spesso la chiave per risolvere le situazioni più complesse, sempre comunque effettuati da personale esperto e altamente qualificato.
Centro nevralgico è comunque la centrale operativa, dove arrivano tutte le richieste di soccorso della provincia di Padova.
«Sta all’esperienza dell’operatore capire in modo rapido quali veicoli sono più idonei all’intervento, o che istruzioni dare alle persone in difficoltà», racconta l’ispettore Alfonso Impagliato, responsabile del servizio Comunicazione esterna. «Da quelle prime istruzioni», prosegue, «si può fare la differenza per aiutare persone in pericolo».

Un lavoro duro
La responsabilità è sempre altissima, dal vigile del fuoco in prova che si trova al suo primo incarico, fino alle posizioni di coordinamento.
«Per le situazioni più complesse», spiega ancora Impagliato, figlio d’arte, «abbiamo anche la Sala crisi, dalla quale gestiamo le chiamate in entrata per specifici eventi correlati. Come le ondate di maltempo estremo e le esondazioni. Come l’estate del 2024, quando il Muson dei Sassi ha rotto gli argini. Da qui abbiamo ricevuto le chiamate, centinaia, dei residenti preoccupati che avevano bisogno di assistenza o segnalare situazioni di pericolo». Quindi, l’ispettore conclude: «È un lavoro che carica le spalle di grandi responsabilità, ma non lo cambierei per nulla al mondo».
Una giornata con i vigili del fuoco
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