Piazza De Gasperi, tra rinascita e marginalità: la riqualificazione è a metà
A quattro anni dalla riqualificazione, piazza De Gasperi a Padova resta un luogo in chiaroscuro. Meno degrado, ma ancora senzatetto, negozi chiusi e spazi da valorizzare: il futuro della piazza è ancora da scrivere

C’era una volta una piazza dimenticata, rimasta per anni sinonimo di degrado e microcriminalità. Fino al gennaio 2021, quando è avvenuta una piccola rivoluzione che, almeno in principio, è diventata il simbolo della riqualificazione urbana.
A quattro anni di distanza piazza De Gasperi è ben lontana da quel passato difficile; la maggior parte delle criticità sono state risolte e il disagio è stato combattuto con azioni sociali, prima di tutto. Eppure l’area non si è mai liberata del tutto da quei pregiudizi della «piazza del degrado» e oggi il processo di riqualificazione appare a tratti incompiuto. Un mosaico in cui qua e là mancano ancora tasselli.
Cartoni che fanno da materassi ai senzatetto la notte sono abbandonati in giro sotto i portici della zona. «Qui in strada dormono circa tre o quattro persone», racconta Francesca Foresta, che abita in uno dei palazzi della zona.
«Sono soprattutto persone tranquille, di solito di giorno vanno in giro per la città a chiedere l’elemosina. Se li becco al parcheggio, mentre sto andando a lavorare, gli lascio spesso e volentieri qualche moneta». Ma dimostra anche preoccupazione per i bivacchi dei senzatetto: «Alcuni sono gentili e tranquilli, altri sono più imprevedibili».
La donna, che abita in zona da oltre vent’anni, spiega anche di avere visto cambiare radicalmente piazza De Gasperi. Non solo gli spazi, il decoro urbano: «Anche l’atmosfera è diversa», racconta, «i casi in cui si vedono situazioni difficili sono davvero poche, mentre una volta era all’ordine del giorno».
Ciò nonostante episodi di violenza negli scorsi mesi non sono mancati: dalla lite a colpi di pietre tra due ragazzi, all’accoltellamento del 4 marzo scorso. Non da ultimo l’ingresso tra febbraio e maggio di quest’anno nella prima sperimentazione della zona rossa della stazione.
Camminando per i marciapiedi di piazza De Gasperi ci si accorge di un percorso di rinascita rimasto in sospeso. Ancora tante le saracinesche rimaste abbassate in questi ultimi anni, troppo poche quelle che si sono rialzate nel frattempo. Spazi vuoti si susseguono tra i portici, e con essi bolle di silenzio – dove poca gente passa e nessuno si ferma – e che possono lasciare spazio a un ritorno della microcriminalità. Presto a questa foresta di spazi chiusi si aggiungerà anche Leggero, «il negozio alla spina», che vende prodotti sfusi in via Trieste.
Nato dall’idea originale di spingere all’eco-sostenibilità, portando a rinunciare a contenitori usa e getta, è un lascito di quello slancio di riqualificazione che non si è mai del tutto realizzato. Alcuni punti di riferimento, invece, restano. Come il supermercato Asia-Africa Market, all’angolo che dà su corso del Popolo. Un esercizio che ridefinisce il termine integrazione, e si incontrano a tutte le ore clienti da ogni parte del mondo, italiani compresi.
Domandando ai clienti se si sentano sicuri nell’area restituisce volti perplessi. «Paura no, ma a volte c’è gente ubriaca che dà fastidio», racconta una signora di origini africane che afferma orgogliosamente di avere da qualche mese la cittadinanza italiana. «Quando torno dalla scuola coi bambini a volte mi preoccupa vederli in quelle condizioni», aggiunge.
Cuore pulsante della piazza è ormai la piastra da basket, simbolo di quel percorso di rigenerazione urbana. Che prima fu parcheggio, poi campo da gioco, poi di nuovo parcheggio e ora un ibrido tra i due. I pomeriggi non è raro trovare ragazzi, provenienti da vari angoli di mondo, sfidarsi con qualche tiro sotto al canestro – che qualche auto, facendo manovra, ha colpito portandolo a pendere su un lato.
Abbandonato a un angolo della piazza non più dimenticata, si trova un carrello con tutti gli averi di uno dei senzatetto che popolano i portici della zona. Una coperta, due valige, qualche vestito. Del proprietario nemmeno l’ombra: «Meglio così», dice un residente seduto ai tavolini del vicino bar, «a quel tale manca una rotella».
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