La rivolta al centro migranti di Treviso: gli audio originali e i documenti per capire cosa è successo alla Serena
Il retroscena. Sembrava solo un episodio di malcontento degli ospiti del centro gestito dalla Nova Facility. Ma in realtà a Treviso si è rischiato un nuovo focolaio di coronavirus in una struttura sovraffollata

BARBIERI . AG.FOTOFILM . TREVISO . PROTESTA DEGLI IMMIGRATI DELLA CASERMA SERENA
TREVISO. Sono le 6.30 di giovedì: alla ex caserma Serena, ora centro accoglienza per migranti, arriva il risultato del tampone effettuato su un operatore pakistano da poco tornato dal paese di origine, e subito messo al lavoro: positivo al Covid. Per gli oltre 300 ospiti della struttura significa essere ancora reclusi dentro la struttura, dopo i due mesi di lockdown appena trascorsi. E’ la goccia che fa scoppiare la rivolta, guidata da un trentenne nigeriano, in odore di revoca del permesso di soggiorno.
Alla caserma però c’è il rischio di avere un nuovo focolaio. Occorre tenere tutti dentro finchè non ci saranno gli esiti dei temponi. Ma non tutti vogliono sottoporsi al test. Gli ospiti sono divisi, alcuni vorrebbero farlo al più presto, altri si oppongono. «Non credono che sia veramente positivo, pensano che sia solo uno stratagemma per non farli uscire», spiega uno dei profughi ospitati alla Serena. «Poi altri hanno paura di perdere il lavoro perché non potranno presentarsi». La polizia schiera la celere all’esterno, e dopo una lunga trattativa porta il pakistano positivo al reparto di Malattie Infettive del Ca’ Foncello e il personale dell’Ulss può ad entrare per sottoporre tutti ai tamponi.

FILIPPI . AG.FOTOFILM .TREVISO . PROTESTA PROFUGHI CASERMA SERENA
Ma venerdì il copione non cambia. La notizia di un altro caso di positività al Covid - questa volta è un ospite . arriva attorno alle otto e mezza. Basta che la voce si sparga tra gli ospiti perché riesploda la protesta. La trentina di profughi che giovedì avevano acceso la miccia fa rimontare la tensione, e costringe gli operatori dell’Ulss arrivati per comunicare i primi esiti dei tamponi a rifugiarsi nella garitta.
I migranti spaccano mobili, sedie e colpiscono uno dei medici. Sul posto arrivano vigili del fuoco, celere, carabinieri e polizia locale. Sono proprio i vigili del fuoco ad aprire la strada per far uscire il personale sanitario: con il tronchese spaccano i lucchetti di una porta laterale, e con il getto dell’idrante si aprono la strada. Escono sia gli operatori dell’Ulss che quella della Nova Facility. I profughi a quel punto sono barricati e tengono in pugno la struttura, compresi gli altri ospiti che si chiudono nelle loro stanze per non finire al centro della protesta.

BARBIERI . AG.FOTOFILM . TREVISO . PROTESTA DEGLI IMMIGRATI DELLA CASERMA SERENA, INTERVIENE LA CELERE
Una delegazione delle forze dell’ordine apre un dialogo con i migranti dal cancello. «Si vede che molti di voi sono persone perbene», dice un carabiniere. «Non potete prendere le mazze, lanciarci roba addosso, sennò ci costringete a reprimere, e abbiamo tutti gli strumenti per entrare e blindare la caserma», mette in chiaro. Ma il timore dei migranti è soprattutto di perdere il posto di lavoro a causa della nuova quarantena, scatenata dalla positività di un operatore e non di un ospite. Lo ribadiscono a più riprese durante la trattativa, che viene condotta dal vicequestore Luciano Meneghetti.
«Non abbiate paura dei datori di lavori, li avvisiamo noi. E non vi possono in ogni caso far tornare al lavoro ora che siete a rischio. Anzi se uscite adesso, rischiate che vi licenzino. Verranno tutti informati del motivo per cui non potete andare», assicura Meneghetti.
«Questa pandemia c’è da marzo e qui dentro non è mai successo niente», risponde uno dei migranti. «Ma non ci è mai stato fatto un controllo. Gli operatori entrano e escono quando vogliono. Perché noi invece dobbiamo restare chiusi qui dentro?».
«Perché gli operatori sono tutti negativi, i loro tamponi sono stati analizzati prima perché sono necessari a gestire questa struttura e a portarvi il cibo», spiega il vicequestore. Ma non basta, i profughi lamentano l’assenza di sapone, «i bagni sporchi, dove vanno tutti», «il cibo servito senza guanti. Non abbiamo mai visto i guanti», dicono. «Ieri la prima richiesta che mi avete fatto è di portare via la persona positiva. Ed è la prima cosa che ho fatto. Avete le vostre ragioni», ammette il vicequestore, «e vi assicuro che chi ha sbagliato pagherà. Ma ora dobbiamo gestire il futuro. Con i datori di lavoro parliamo noi, ma voi dovete far ragionare quelli che non la pensano come voi. Perché tanto da qui non potete uscire fino al 22».
Sono le ultime parole prima di un applauso spontaneo.Pochi minuti dopo gli operatori della cooperativa rientrano nella caserma, grazie al nuovo precario equilibrio all’interno della caserma Serena.

FILIPPI . AG.FOTOFILM .TREVISO . PROTESTA PROFUGHI CASERMA SERENA, RAGGIUNO ACCORDO
Fortunatamente a tamponi ultimati i casi positivi restano solo due. Ma quell’ingresso nella struttura da parte dell’operatore pakistano ha rischiato di innescare un nuovo focolaio. Era tornato il 28 maggio dal paese di origine, il Pakistan. Una vacanza per incontrare i familiari, da cui è tornato imbarcandosi su un volo diretto alla Germania e da lì a Milano. Ma non avrebbe trascorso in isolamento il periodo imposto dalle norme per limitare il contagio del Covid. Lunedì ha lavorato regolarmente all’interno della caserma Serena, eppure alcuni riferiscono che già da venerdì avvertisse alcuni sintomi della malattia.
L’operatore, un ex migrante che ha ottenuto lo status di rifiugiato ed è stato assunto dalla Nova Facility, si occupava del servizio mensa, della distribuzione dei pasti in particolare. E lunedì ha lavorato regolarmente, entrando quindi in contatto con molti ospiti della caserma (oltre che in precedenza con i passeggeri degli aerei su cui ha volato e sul treno che l’ha portato da Milano a Treviso).
Ma perché la Nova Facility l’ha fatto tornare regolarmente al lavoro? E’ una delle domande chiave. Gianlorenzo Marinese, presidente della Coop, ha spiegato alla questura che sarebbe stato l’operatore a negare di essere malato «assumendo medicine per abbassare la febbre e passare indenne i controlli alla temperatura. Per scoprire l'inganno abbiamo fatto una vera imboscata scoprendo che aveva 38,5 mentre la mattina risultava avere 36,2».
Ma l’uomo ha dormito almeno due giorni dentro la caserma; in una stanza messagli a disposizione dalla Coop. E perché non ha rispettato il regime di “isolamento fiduciario” al rientro dal Pakistan? La stessa normativa ha delle eccezioni, tra cui «chi entra per comprovati motivi di lavoro, se è cittadino o residente in uno dei seguenti Paesi...». E il lavoratore della Nova Faicility è residente in un comune dell’hinterland, e il suo rientro sarebbe dovuto all’impiego alla caserma Serena.

FILIPPI . AG.FOTOFILM .TREVISO . PROTESTA PROFUGHI CASERMA SERENA, RAGGIUNO ACCORDO
Una ricostruzione che porta alla luce diverse falle nei controlli. E su cui la Procura vuole vederci chiaro. L'uomo rischia grosso: potrebbero anche contestargli il reato di lesioni o tentate lesioni volontarie, punibile da tre a sette anni. Saranno svolti anche approfondimenti su quanto fatto e detto da Nova Facility, la prefettura ha infatti già inviato una richiesta ufficiale di spiegazioni su quanto accaduto. Sono invece cinque i richiedenti asilo che rischiano di dover rispondere del reato di danneggiamenti e sequestro di persona (nei confronti dei medici dell'Usl 2 presenti, come la dottoressa Pupo) mentre sono un'altra decina quelli che dovrebbero essere chiamati a rispondere del reato di danneggiamento.
Riproduzione riservata
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova
Leggi anche
Video